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“Dotto’, ‘o vulite fa’ n’affare?” Quasi tutti noi ce lo siamo sentiti chiedere nel parcheggio di un autogrill, o ad un semaforo, oppure in un giardino. Il seguito lo conoscete: l’improvvisato venditore ci spiega che, per un errore nella bolla di carico, si trova qualche oggetto di troppo che deve assolutamente svendere, altrimenti la Guardia di Finanza ….. Quando questo succede, ormai sappiamo che dobbiamo essere estremamente diffidenti, è il solito giochetto della stangata in cui il truffatore sfrutta la bramosia del pollo di far l’affare per ammollargli il pacco (una scatola vuota o, al massimo, con un mattone). Di solito questi signori propongono di acquistare costosi oggetti di marca a prezzi irrisori: telecamere, macchine fotografiche, pellicce, computer, telefonini, ma attenzione: da qualche anno ci sono anche gli orologi. Non vi darò lezioni di buon senso, visto che probabilmente ne avete più di me, ma permettetemi alcuni suggerimenti: Intanto attenzione ai falsi (alle copie). I falsi non li abbiamo certo inventati in questo secolo, sono molte le monete romane false, coeve a quelle vere. Pensate che i Romani stessi per limitare il fenomeno dei falsi avevano ispettori pagati dall’imperatore, per verificare le monete d’oro e d’argento (quelle di bronzo erano fatte coniare dal Senato). Questo ci porterebbe a dire che oggi, dopo tanti secoli di tentate truffe, noi compratori siamo ben vaccinati. Mi dispiace, ma non è così. È vero che da alcuni anni circolano copie cinesi degli orologi più prestigiosi (foto 1, 1a), ma non basta: da qualche tempo le copie si sono molto raffinate nella forma (la sostanza rimane di serie B) ed apparentemente sembrano uguali all’originale. Attenti a non acquistarle: in Italia i marchi sono protetti, e chi acquista una copia commette un reato, punito con la confisca dell’oggetto acquistato ed una forte multa, oltre alla denuncia penale. Già questo potrebbe bastare per sconsigliare un probabile affare. Purtroppo non tutti lo capiscono, e così chi crede di essere furbo spesso viene castigato, ma c’è di peggio: quelle fregature che si rischiava di prendere in autostrada ora si sono trasferite sulle autostrade telematiche. La tecnica è proprio quella classica: ci sono siti fantasma che compaiono per alcuni giorni e poi scompaiono appena rintracciati dalla polizia postale, e su questi siti vengono offerti modelli di orologi
di tutte le marche fino ad un prezzo massimo di 140€. Poi ci sono siti apparentemente stabili (foto 2): l’acquirente dovrebbe scegliere l’orologio, poi inviare i soldi a un conto corrente (di solito in Russia o in Lettonia), e dopo una settimana dovrebbe ricevere l’oggetto ordinato. C’è addirittura un sito che propone copie vantate non cinesi, fatte da artigiani autorizzati dalle Case ufficiali, che dovrebbero realizzare copie su ordinazione, a prezzi che superano i 300€. Per averle, occorre aspettare almeno due mesi, ma questo sito rimane attivo per una settimana al massimo. Pensate che per 250€ è possibile ordinare copie anche di orologi Seiko e Citizen, che di solito in gioielleria costano meno. A volte qualche orologio arriva, specie se per pagare usate Paypal o circuiti analoghi, ma non crediate di aver fatto un affare: se non sarete soddisfatti non riuscirete a trovare un interlocutore con cui lamentarvi, e Paypal poi vi tutela solo nel caso che non riceviate nulla, ma se avete firmato la ricevuta del pacco, non vuole entrare nelle discussioni sulla qualità del prodotto. Da quanto ho affermato sembrerebbe che gli orologi vadano acquistati solo nelle orologerie, ma in realtà ci sono associazioni e mercatini paralleli sicuramente degni di fiducia. Qualche mese fa mi sono iscritto ad un’associazione di collezionisti, “Collezionando”, che associa soprattutto signori che hanno trasformato la loro passione in un lavoro. Molti degli iscritti si possono incontrare la prima e la terza domenica di ogni mese sotto i portici di Piazza Augusto a Roma.
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Una specie di mercato delle pulci, dove non si trova né il classico abbigliamento, né le solite cineserie. Molti sono collezionisti che si liberano delle eccedenze accumulate nelle loro ricerche, altri invece utilizzano le loro capacità e i loro collegamenti per fare da trovarobe, ed in questo modo riescono a ricavare un piccolo utile nella intermediazione, con la soddisfazione di tutti. Se scrivo queste note però non è certo per fare un’apologia dell’associazione e neppure per indicare ai giovani una ulteriore possibilità di lavoro: si tratta soltanto di porre in evidenza i limiti dell’essere collezionista. Anni fa ho conosciuto uno dei più famosi collezionisti di francobolli e conchiglie, “l’inventore” del famoso “Gronchi Rosa” (foto 3) tristemente noto tra i filatelici. Era una specie di Re Mida, che ogni cosa toccasse trasformava in oro, o meglio, in qualche cosa che sembrava oro ma oro non era! Solo per i più giovani ricorderò che il “dottore” acquistò in blocco la produzione sbagliata nella stampa di una partita di francobolli che dovevano accompagnare il viaggio dell’allora Presidente Gronchi. I cosiddetti “Gronchi Rosa” rischiavano di scatenare una guerra diplomatica e così vennero velocemente sostituiti dalle Poste Italiane con i “Gronchi Grigi”: nella emissione in rosa i confini tra il Perù e l’Ecuador erano sbagliati (mancava la parte amazzonica del Perù). Si trattava di una quantità enorme di fogli di francobolli (circa 1000) che “il dottore” bruciò quasi per intero lasciandone solo pochissimi esemplari (il tutto in pubblico ed alla presenza di un notaio che certificò l’avvenuto sacrificio). A questo punto i pochi francobolli rimasti furono valutati nelle aste filateliche a prezzi da capogiro: ho saputo che con dieci “Gronchi Rosa” negli anni sessanta si poteva acquistare un appartamento di due stanze a Roma. Con gli anni però ci si accorse che molti dei fogli che avrebbero dovuto essere bruciati erano rimasti nella cassaforte del collezionista, e che venivano abilmente distribuiti nel mercato mondiale, e questo fece precipitare il valore a poche centinaia di migliaia di lire e poi a poche centinaia di euro. Al di là dell’imbroglio, di cui non conosco le dimensioni, in pratica il “dottore” aveva venduto ai collezionisti quello che desideravano: un oggetto che credevano unico, e per farlo aveva distrutto una intera produzione. Attenzione, spesso è questo che il collezionista fa, in modo consapevole o no, contribuendo alla distruzione di ciò che colleziona. Ed ecco l’anomalia che volevo segnalare: non sarebbe meglio a questo punto parlare di amatori, piuttosto che di collezionisti? Comprendo bene il fascino esercitato dalla stanza delle meraviglie
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(foto 4) che già nel XIV secolo conquistava le famiglie nobili e dava una ulteriore patente di “mondanità”; ricordo anche con gratitudine (data la mia età) l’utilissima “collezione di farfalle” classico pretesto per socializzare negli anni sessanta, ma oggi occorre essere in linea con i valori e le credenze di questo nuovo secolo e tra questi valori c’è quello di preservare e non di distruggere. Fatta chiarezza su questo punto vorrei parlarvi delle centinaia di amatori che si sono alternati nel mercatino sotto i portici di piazza Augusto a Roma sotto la supervisione della organizzatrice, la signora Marion, ma ci vorrebbe troppo spazio, la cosa migliore è invitarvi a visitare questo mercato del collezionismo. Da cliente posso dire che è un piacere girare per i banchi e scoprire l’eleganza e la bellezza di alcuni oggetti che abbiamo usato da bambini senza apprezzarne la forma. Da esperto posso anche rimanere deluso dal fatto di trovare venditori ugualmente esperti e perfettamente informati e consapevoli del valore dei loro oggetti: purtroppo a piazza Augusto non riuscirò a comprare un dipinto di Picasso o di Ligabue per pochi euro. Alcuni venditori addirittura espongono oggetti preziosissimi (tipo uova di Faberger o icone originali del 1700) (foto 5) assieme ad oggetti di modernariato.
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Ho scoperto che nella maggior parte dei casi lo fanno per cercare un rapporto con il possibile cliente, per tentarlo e coinvolgerlo nelle loro passioni. Le chiacchierate sugli oggetti diventano lezioni di storia d’arte, o di tecnica. Ci sono anche decine di orologi interessanti, funzionanti o da riparare, spesso venduti da orologiai professionisti. Quello che si acquista, al di là dell’oggetto, è l’affascinazione per la storia, la passione, spesso sincera, del venditore, che è sempre un poco restio a cederti quello che gli chiedi senza avertelo descritto per quello che per lui è. Se non sapessi che la maggior parte di quei ricavi verrà reinvestito in altri oggetti, altrettanto importanti, mi verrebbe da dire al venditore (come dice l’alcolizzato all’oste nell’antologia di Spoon River) “… come fai a venderlo? Che cosa puoi comprarci di meglio? …”. Tornando alla mia passione per gli orologi antichi, trovo molte somiglianze tra la mia voglia di conservare il tempo e le sue rappresentazioni con la passione dei frequentatori del mercatino e dell’associazione. Siamo persone forse fuori dal tempo, incapaci di vivere senza la storia, o almeno una storia.
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Quando troviamo un cucchiaino d’argento (foto 6) con uno stemma, comprendiamo che poi, in fondo in fondo, Tess dei D’Urbervilles non era così “strana”.
Didascalie
Foto 1: Replica di un orologio Panerai
Foto 1a: Immagine posteriore con le referenze e i numeri di serie
Foto 2: Logo di un sito che vende copie di orologi di marca
Foto 3:Il famoso “Gronchi Rosa”
Foto 4: Esposizione di oggetti antichi
Foto 5: Icona russa del 1700
Foto 6: Cucchiaini in argento, avorio e smalti
(Foto 6 dell'autore. Altre foto Google di dominio pubblico. Click per ingrandire)