venerdì 10 dicembre 2010

Valentina Lisitsa: Chopin Etudes op. 10 & 25

Valentina lisitsa

Chi ha letto qualche mio articolo sa che provengo da una famiglia di pianisti. Anzi, di pianiste, perché due zii maschi suonavano ma non si diplomarono e non diedero lezioni, mentre il grosso era formato da madri, nonne, zie e sorelle. Ed io passavo le giornate ad ascoltare sia il corpo insegnante, sia i numerosi scolari. Chi ascoltavo più volentieri era mia madre: io disteso a terra su un tappeto, lei al pianoforte Petrov a suonare e risuonare la ballata in sol minore di Chopin, il suo cavallo di battaglia con cui si esibiva nelle grandi occasioni, E poi Chopin regnava sovrano nell’esercizio quotidiano e nei saggi annuali. A dire la verità, arrivato al ginnasio, al liceo ed oltre i miei gusti musicali si orientavano maggiormante verso i classici e verso Beethoven. Ma nel 1960 i giornali erano pieni della notizia sensazionale che Maurizio Pollini, un giovanetto milanese di diciott’anni, aveva vinto a Varsavia il premio Chopin, e che Rubinstein aveva detto: “Questo ragazzo suona meglio di tutti noi”. Ed allora noi romani ci precipitammo tutti al Teatro Eliseo ad applaudirlo. C’ero anch’io. Con mia moglie. E per diverse settimane nella nostra cerchia non si parlò d’altro. Ma col tempo si rafforzò in me l’idea che Chopin fosse troppo sentimentale, e divenni un beethoveniano di ferro, anzi: in lega speciale. Se poi facciamo un salto ai nostri giorni, in virtù di internet e di YouTube chi ama la musica, può immergersi in un universo sonoro esteso all’infinito non solo in larghezza e lunghezza, ma anche in profondità, nel senso che si spinge nell’anitichità più remota, fino al giorno della Creazione, il 21 novembre 1877, quando una macchinetta inventata da Edison, emise il primo vagito: ”Mary had a little lamb….” (Maria aveva un agnellino…). Ebbene, internet e YouTube accolgono in rete privati, dilettanti, professionisti, ma anche istituzioni, che da ogni parte del mondo mandano i loro cimeli, vale a dire incisoni fatte in ogni tempo ed in ogni dove dal giorno della Creazione fino ad oggi. È quindi diventato possibile quello che era finora impossibile: ascoltare voci e suoni di cui s’era sentito soltanto parlare in polverosi libri. E confrontarli tra loro e con gli interpreti attuali. Chi ha sentito parlare di Enrico Caruso, o del Trio Lescano, sappia che col computer può ascoltarli: ci sono almeno 100 brani di Caruso da solo, con Nellie Melba, con Alma Gluk, con Louisa Tetrazzini, con Titta Ruffo, col pianoforte, con l’arpa (nella Siciliana di Cavalleria Rusticana). E ci sono anche una sessantina di pezzi del Trio Lescano, con Alberto Rabagliati, con l’orchestra Barzizza…. 

Maurizio Pollini



Nessun collezionista arriva ad avere la quantità di brani d’ogni tempo quanti ce ne sono su internet. Ed è su Internet che ho scoperto questa nuova generazione di moderne pianiste, vere donne superiori, di cui una è la bambina prodigio Aimi Kobayashi, e l’altra è la signora prodigio Valentina Lisitsa. Molte sono le voci che proclamano queste due pianiste come le migliori di tutto il mondo, di tutti i tempi. Ebbene, non avendo avuto particolari simpatie per Chopin, pronto a percorrere il cammino inverso dopo aver sentito lo Chopin di queste nuove Muse, mi trovo sfornito di termini di confronto nell’ambito del repertorio chopiniano. Ma che importa? L’improvvisa attrazione che sento verso il loro Chopin vorrà pur dire qualche cosa. D’altra parte le pubblico volentieri affinché siano i nostri lettori a dare un cenno d’assenso. Dunque, tra le tante raccolte degli Studi di Chopin, 12 dell’opera 10 ed altrettanti dell’opera 25, non so dire quale mi sembra la migliore, anche se a suo tempo acquistai il CD di Maurizio Pollini (pensandoci bene, però, mi pare che me l’abbia regalato mia figlia). Su internet i vari celebri pianisti di grido che si cimentano negli Studi, sono numerosi, e quuindi la possibilità di confronti è apertissima. In occasione del Notturno postumo eseguito da Aimi Kobayashi ho tentato di fare un confronto con le grandi celebrità, ma ho rapidamente concluso che ogni confronto era inutile perché Aimi Kobayashi, con la sua intensa “donnitudine” (è questo il vocabolo che usai), tutti li sopravanzava. Gli studi sono più una composizione tecnica che sentimentale, dove, a priori, l’intensità femminile non dovrebbe giocare alcun ruolo. Tuttavia, come mi suggerisce un articolo di internet, “Chopin trasforma lo studio, da genere essenzialmente didattico a vera e propria composizione artistica. Pare che l’autore li abbia scritti per se stesso, per compensare una formazione pianistica per certi versi non interamente compiuta, e dedica ciascuno dei 24 Studi complessivi ad un particolare aspetto della tecnica pianistica”. Un’altra fonte asserisce che gli Studi furono dedicati a Liszt. Io penso che Chopin abbia composto questi studi sapendo che un giorno Valentina Lisitsa li avrebbe suonati sul suo Bösendorfer. Comunque, al di fuori e al disopra di ogni illazione, l’esecuzione degli Studi è una prova di bravura, e se vogliamo verificare se la Lisitsa è la migliore pianista di questo pianeta, vediamo come affronta  questa prova d’esame. Consiglio agli insegnanti: portate i vostri allievi avanti allo schermo e fategli vedere come si muovono le mani di Valentina.