venerdì 29 aprile 2011

Possedere il tempo: 2a parte

 (di Luciano Zambianchi)
Orologio ellenistico, 1° secolo avamti Cristo


Foto 1

Nascono gli orologi! La naturale evoluzione del desiderio di possedere il tempo è realizzare uno strumento individuale per misurarlo. Dopo le clessidre e le meridiane a partire dal XII secolo la meccanica ha un grande sviluppo nell’orologeria. In Cina intorno all’anno 1000 viene costruito il primo vero orologio ad acqua, ossia con un meccanismo a ruote mosso dall’acqua, non una clessidra, anche se in quel periodo di clessidre ne erano state costruite di complicate.
Foto 2

La maggior parte di questi strumenti erano destinati alla misurazione pubblica del tempo; sulle torri dei comuni, e nei campanili incominciano ad essere istallati orologi meccanici, sono sistemi che producono suoni, normalmente rintocchi: un rintocco per ogni ora, ma che ancora non hanno i quadranti. Vengono costruiti i primi automi, spesso sono loro che sulle torri colpiscono con martelli o mazze le campane, e con le campane piccole suonano anche le mezz’ore, mentre i meccanismi diventano sempre più piccoli. Solo nel 1330, tuttavia, oltre al suono compaiono i quadranti e diventa possibile leggere le ore. Forse per questo da allora, nella lingua francese, orologio si dice “montre” da “ore in mostra”. Sono pochi gli orologi di questo periodo rimasti al loro posto. Uno di questi è ad Orvieto, sulla torre Maurizio o torre del Moro, dalle date impresse sulle campane l’orologio risulta costruito nel 1351 (foto 1-2), anche se poi il meccanismo verrà sostituito verso la fine del 1300; un altro orologio antico lo possiamo ammirare a Venezia in piazza San Marco: è un orologio astronomico, complicato e ricco di automi, costruito intorno al 1400.
Foto 3

Tra il 1400 e il 1500 tante città si dotarono di orologi pubblici e oggi è possibile vederli ma quasi nessuno è ancora funzionante. Nello stesso periodo vengono realizzati orologi da tavola, sono gli svegliarini monastici che servono per indicare le ore delle preghiere (foto 3). Nelle corti e nei castelli vengono accolti artisti e astronomi che progettano e realizzano macchinari sempre più complicati: famoso è l’orologio astronomico di Giovanni Dondi (1330-1388) che per tutta la sua vita a Firenze perfezionò un meccanismo di sua invenzione, poi andato perduto, e per fortuna ne sono rimasti i disegni e sono state realizzate diverse copie. Spesso, proprio grazie ai disegni, è stato possibile riprodurre esemplari andati distrutti. Rivedere queste macchine è estremamente stimolante per chi ama l’orologeria.

Foto 4 

Per dirla tutta, la ragione stessa di questo articolo è che mi è capitato di dover riparare un orologio (foto 4) con un meccanismo analogo ai primi orologi da tasca (foto 5). In realtà non è possibile stabilire chi fu il primo costruttore di orologi da tasca: da anni orologiai di varie nazioni europee cercavano di produrne uno. Probabilmente le prime macchine sono andate distrutte e non se ne ha più traccia. È certo però che le prime casse erano portaprofumi che tutti erano costretti ad usare nel 1500: le “mele muschiate” (come si chiamavano in Italia) erano contenitori sferici d’ottone forati nella parte superiore, che contenevano legni e muschi profumati; questi contenitori avevano un anello alla sommità con cui appenderli al collo tramite una catena.
Foto 5

Le “mele” erano divise a metà per permettere di sostituire i muschi e i profumi. La ragione di questi contenitori è che nel 1500 la gente non si lavava, si ha notizia che una signora veniva considerata “eccentrica” se si lavava una volta all’anno senza un ordine specifico di un medico. In quegli anni era anche normale lanciare dalla finestra gli escrementi, passare nei vicoli di città come Londra, Parigi, Roma era decisamente pericoloso, ma soprattutto non era possibile se non si aveva la possibilità di respirare attraverso un “respiratore” capace di mascherare gli odori. Il più antico orologio da tasca (o meglio da borsa) che è rimasto è ora esposto a Baltimora, si tratta dell’orologio di un riformatore protestante, molto famoso nella sua epoca: Philip Melanchthon (1497-1560, noto anche in Italia come Filippo Melantone). Su questo orologio c’è scritto: - PHIL. MELA. GOTT. ALEIN. DIE HER 1530. La carica è a molla e il movimento è trasmesso alle ruote attraverso un sistema “fuse” (foto 6) una specie di cambio continuo che si dice essere stato inventato da Leonardo da Vinci.

Foto 6
L’accoppiamento è realizzato con una corda in budello di gatto: già in quel periodo il budello veniva usato nelle corde dei violini. L’orologio che ho riparato in realtà è stato costruito in Inghilterra nel 1930 in modo artigianale e tutto il meccanismo era sovradimensionato. Dopo aver sistemato la corda ho dovuto tarare la tensione della molla attraverso una ruota dentata, quasi uguale a quella del primo orologio (foto 10).

Foto 7

Le repliche degli orologi storici sono molto importanti, e grazie ad alcuni soci dell’associazione americana dei collezionisti d’orologi d’epoca si sono realizzate repliche perfette di movimenti che sono stati pietre miliari nello sviluppo dell’orologeria. Dal XV secolo ad oggi i movimenti sono diventati sempre più piccoli e complicati: molti produttori hanno puntato sulla precisione estrema. Ma anche gli orologiai hanno un posto speciale nella storia: nel XII secolo gli artisti facevano a gara nel costruire meccanismi, ma la passione per l’arte dell’orologeria è continuata nei secoli. Avreste mai creduto che Jean-Jacques Rousseau (foto 11), nato a Ginevra il 28 giugno del 1712, era figlio di un orologiaio e per molti anni è stato orologiaio lui stesso, anche se non è certo famoso per questo?

Foto 8

Che dire poi di François-Marie Arouet (foto 12), più noto con lo pseudonimo di Voltaire (Parigi, 21 novembre 1694 – Parigi, 30 maggio 1778), usò la metafora dell’orologiaio per spiegare la sua cosmogonia: pochi sanno che lui stesso, dopo un soggiorno a Ginevra nel 1755 comprò nel 1758 una tenuta a Ferney nel paese di Gex (in territorio francese, ma al confine con la Svizzera). Voltaire oltre a fare l’allevatore iniziò a fabbricare orologi: i suoi biografi ricordano che nel paese dava da vivere a circa mille persone. Ho controllato con attenzione queste informazioni, sono pochi i biografi che danno un peso alle sue capacità di orologiaio. Oggi gli orologi da polso sono diventati piccoli computer che possono essere usati anche per telefonare o collegarsi ad internet, scattare foto, misurare la frequenza cardiaca o l’altitudine. Personalmente però rimango legato agli orologi meccanici, li trovo più “umani” e vicini a noi: anche se esiste un collezionismo legato agli orologi digitali, a mio parere solo quelli meccanici sono opere d’arte da conservare per i posteri. “Segnatempo” capaci di rappresentare il loro tempo.

Foto 9


Didascalie
Foto 1: Torre del Moro (o torre di S. Maurizio) a Orvieto.
Foto 2: L’automa della Torre del Moro e le campane(Orvieto 1351).
Foto 3: Uno svegliarono monastico.
Foto 4: Meccanismo di un pendolo inglese del 1930 prima della riparazione.
Foto 5: Il più vecchio orologio individuale arrivato fino a noi.
Foto 6: Il meccanismo a fuse è collegato alla molla da un budello di gatto.
Foto 7: Nel movimento antico la taratura dell’accoppiamento usa un sistema identico.
Foto 8: Jean-Jacques Rousseau figlio di un orologiaio ha lavorato come orologiaio lui stesso.
Foto 9: François-Marie Arouet, più noto come Voltaire.


(Foto 1, 4 dell'autore. Altre foto Google di dominio pubblico. Click per ingrandire)