martedì 21 giugno 2011

Harrison e la Longitudine

Di Luciano Zambianchi
Orologio dell'epoca ellenistica: 1° secolo avanti Cristo

Foto 1
Sono convinto che raccontare una storia sia il miglior modo di coinvolgere un pubblico su un particolare argomento. Non sempre è facile farlo, perché può capitare che sullo stesso argomento le storie siano molte e molto complicate. Tra le storie da raccontare, quella di John Harrison (Foulby, 24 marzo 1693 – Londra, 24 marzo 1776) è tra le più strane, e nonostante i miei sforzi non sono riuscito a trovare fonti attendibili in grado di confermare in modo definitivo quello che sto per raccontarvi. La contraddittorietà delle fonti è proprio strana, considerando l’importanza del personaggio, il fatto che sono passati due secoli e mezzo e, soprattutto, l’importanza di quello che ci ha lasciato Mr Harrison. Su alcune cose i biografi concordano, e potrete trovare la sua biografia essenziale anche su Wikipedia.
John Harrison (Foto 1) nacque il 24 marzo del 1693 nello Yorkshire da una famiglia di falegnami, ed era il primo di cinque fratelli. Il padre, per arrotondare, lavorava anche come custode di una tenuta di campagna. John imparò la musica in chiesa e, nonostante la sua naturale predisposizione per la meccanica, per ragioni economiche frequentò solo le scuole del suo paese e non ebbe accesso a gradi più elevati d’istruzione. 

Foto 2

Da adulto, per campare, fece il garzone nella bottega del padre e nell’officina del maniscalco del paese. A vent’anni costruì un orologio senza mai aver fatto pratica da un orologiaio: era un magnifico orologio a pendolo completamente realizzato in legno. Non fu solo la sua abilità di falegname a condizionarlo nella scelta del legno come materiale per i suoi meccanismi: conoscendo bene questo materiale, sapeva che c’erano legni che nel tempo rilasciavano sostanze lubrificanti, rendendo tutto il meccanismo autolubrificante. In seguito, nel 1712 e nel 1717, John Harrison costruì altri due orologi, sempre di legno. Nel 1722 costruì per Sir Charles Pelham un orologio con alcuni ingranaggi di legno, sistemato nella torre della sua dimora di Brocklesby Park. 

Foto 3




Questo orologio ancora oggi funziona ed è diventato un’attrazione turistica. Nel 1714 in Inghilterra era stata costituita (con il “longitude act”) una commissione per la longitudine, con l’incarico di risolvere il problema principale della flotta di sua Maestà: riuscire a definire in modo soddisfacente la posizione di una nave. La commissione era stata istituita dopo un tragico naufragio di quattro bastimenti inglesi con circa 2000 morti: le navi erano finite sugli scogli per non essere riuscite a fare il punto. Ad incentivo degli studiosi invitati a partecipare alla gara venne offerto un premio di 20.000 sterline (equivalenti a circa 7,5 milioni di euro) a chi fosse riuscito a far determinare la longitudine con un errore contenuto entro mezzo grado; 15.000 sterline a chi proponeva soluzioni entro i 2/3 di grado, e solo 10.000 a chi proponeva una soluzione con l’approssimazione di un grado. Harrison, nonostante la sua limitata preparazione accademica, decise di partecipare: aveva in mente di costruire un orologio di altissima precisione (con un errore massimo di 3 o 4 secondi al mese). Preparò i disegni del suo progetto e per evitare l’ostracismo dichiarato da Isaac Newton per gli orologi (preferendo le misurazioni astronomiche), andò a parlare con il Dr Edmond Halley (lo scopritore della omonima cometa e membro della commissione) e da questi venne indirizzato, per avere un sostegno, a Graham, che lavorava a Londra come apprezzato orologiaio. La collaborazione con Graham fu molto utile ad Harrison, che ricevette appoggio e finanziamenti. Il problema della longitudine non era di poco conto: gli scienziati ufficiali si erano dedicati al cosmo ed allo studio dei pianeti, ma poco sapevano della Terra e di come calcolare le distanze. Occorreva riuscire ad avere uno strumento in grado di stabilire la distanza (magari misurata in tempo: minuti e secondi) tra il punto solare rilevabile dall’interno della nave, ed un “punto zero” (che all’inizio, per l’Ammiragliato, fu Londra). In realtà c’erano stati già diversi tentativi, alcuni particolarmente bizzarri: venne proposto di ancorare su una immaginaria linea retta di circa 600 miglia 30 navi da guerra che alla mezzanotte di Londra avrebbero dovuto sparare enormi fuochi artificiali, visibili anche a centinaia di miglia di distanza. Altre soluzioni erano raccapriccianti: ad esempio la tortura degli animali (specialmente cani) che venivano seviziati per mesi sempre alla stessa ora e con trattamenti sempre più dolorosi: si arrivava a versare acidi e polveri urticanti sulle ferite aperte. Una volta imbarcati su una nave, questi animali per mesi, alla stessa ora, guaivano e si straziavano in attesa del supplizio. Il metodo però non aveva una sufficiente precisione e, a seconda dei casi, gli errori potevano essere di svariati minuti. 

Foto 4




La commissione stabilì che a vincere il premio sarebbe stato l’ideatore di un metodo che avesse tollerato un errore massimo di due minuti (ossia di mezzo grado) equivalente ad un errore che poteva variare dalle trenta alle trentacinque miglia (all’equatore), includendo nella verifica la circumnavigazione delle Indie. È questa la parte della storia più oscura, per il nostro Harrison. Ricorderete che la tecnica degli orologi a pendolo era già ben sviluppata all’inizio del 1700, ma un orologio a pendolo non si poteva certo utilizzare a bordo. In quel periodo c’era poi un grande problema per gli orologiai, quello della lubrificazione, gli errori nella lubrificazione erano quelli che producevano il maggior numero di guasti. Altro problema era la posizione di “ultimo arrivato” di Harrison. All’interno della commissione erano caldeggiati ed appoggiati i sistemi che facevano riferimento all’astronomia, in particolare ai satelliti di Giove, ma il vero nemico di Harrison fu il reverendo Nevil Maskelyne (1732-1811), arrogante discendente di una famiglia importante, che personalmente caldeggiava un metodo che utilizzava le effemeridi lunari. Maskelyne, che diventò astronomo reale, fece veramente di tutto per impedire la vittoria di Harrison. Sulle sue marachelle non tutti concordano, ma bastano quelle “ufficiali” per comprendere che tipo di uomo fosse. Intanto nel 1736 il nostro Harrison aveva costruito anche grazie a Graham (e con cinque anni di lavoro) un super orologio chiamato H1 (Foto 2) che sulla terra ferma conteneva l’errore entro i tre secondi al mese. L’orologio era molto ingombrante e pesante e sperimentato in mare sulla rotta Londra-Lisbona permise di ricalcolare la longitudine del porto d’arrivo. In realtà il viaggio di ritorno da Lisbona durò oltre un mese per le avverse condizioni atmosferiche e per gli forzi del comandante (che sembra fosse stato corrotto dal reverendo Maskelyne), ed all’arrivo il reverendo fece anche cadere l’orologio che si ruppe. Venne riconosciuto ad Harrison un rimborso per il danno (ben 180 ghinee, ossia 200 sterline ovvero 75.000 euro per cinque anni di lavoro). Il reverendo, come era facile prevedere, contestò le misurazioni di Harrison e si oppose all’assegnazione del premio. Nonostante questo, il Nostro iniziò subito la costruzione dell’ H2 (più piccolo ed ugualmente preciso, Foto 3) realizzato in due anni grazie ad un finanziamento anticipato dalla commissione. Anche questo orologio era però ingombrante e poco pratico, così, senza indugi iniziò subito la costruzione dell’ H3 (Foto 4), questa volta interamente in metallo e simile ad un orologio da tasca, anche se grande il doppio e con oltre un chilo di peso: Harrison si era fatta l’idea che un piccolo meccanismo non avrebbe subito le influenze del trasporto in mare.

Foto 5

John Harrison introdusse in questo meccanismo una serie di innovazioni, tra cui lamine e molle bimetalliche per compensare la dilatazione termica. La costruzione dell’ H3 durò ben 19 anni, tra il 1740 e il 1759 con l’aiuto del figlio William, e nel 1755 si rese conto che poteva essere introdotta una modifica che in parte rivoluzionava il meccanismo. Chiese pertanto alla commissione un altro finanziamento per iniziare un ulteriore modello (H4) ed un contributo per finire H3. Maskelyne si oppose e così la commissione decise di acquistare l’H3 per 112 sterline: una miseria, considerando gli anni di lavoro. L’orologio H4 (Foto 5) fu realizzato tra il 1755 e il 1759, e finalmente Harrison, soddisfatto del risultato, comunicò alla commissione di essere pronto alle verifiche ed agli esami imposti per ottenere il premio. Nel 1761 l’orologio fu imbarcato per la Giamaica, scortato dal figlio William e dal reverendo Maskelyne. William aveva l’incarico di evitare che il reverendo sabotasse l’orologio. Durante il viaggio,, che durò dal 18 novembre al 19 gennaio, ne accaddero di tutti i colori e pare che William riuscì a salvare l’orologio solo nascondendoselo addosso, ma nonostante questo venne aggredito più volte e rischiò la vita. Dal punto di vista della misurazione del tempo il viaggio fu un vero successo: l’errore rispetto al tempo universale (calcolato con metodi astronomici) fu di soli 5 secondi. Il reverendo, che svolgeva anche la funzione di astronomo reale, sentenziò che si trattava di pura fortuna e raccomandò alla commissione di non pagare il premio. Alcuni raccontano che, incaricato dalla commissione di esaminare l’orologio, lo smontò per carpirne i segreti, ma non riuscì a rimontarlo e così restituì al povero Harrison l’apparecchio mezzo smontato; invece di vergognarsi di quanto aveva fatto, se ne vantò davanti alla commissione, spiegando che il meccanismo era comunque irripetibile e frutto di anni di aggiustamenti estremamente critici. La commissione per la longitudine, influenzata da questa relazione negativa, stabilì di pagare solo la metà del premio (10.000 sterline) e sentenziò che per avere il premio completo Harrison avrebbe dovuto consegnare due copie dell’orologio e i disegni per costruirne altri. Harrison era già molto anziano e così, su consiglio di alcuni membri della commissione stessa, si affidò a Larkum Kendall, un orologiaio affidabile e capace, (ricordo che il meccanismo da riprodurre era già costato alla corona una piccola fortuna e si temeva che potesse essere trafugato o copiato da una spia di un paese nemico e usato contro la Marina inglese). 

Foto 6

Kendall realizzò il K1 (Foto 6), una riproduzione fedele dell’ H4. Questo orologio provò che il risultato ottenuto con l’H4 non era dovuto alla fortuna, e così, ancora una volta, nel 1772 a 79 anni, Harrison si presentò di nuovo alla commissione con le copie e i disegni per batter cassa. Maskelyne, che aveva nella commissione un gran potere, questa volta trovò come scusa per non pagarlo il fatto che la seconda copia non era stata realizzata da lui. Harrison, grazie ad alcuni suoi protettori si rivolse al Re che gli riconobbe i giusti meriti. A questo punto Harrison sicuro di ricevere il premio si rivolse al Parlamento per essere pagato, ma il Parlamento pur sollecitato dal Re versò solo altre 8.750 sterline come un dono speciale, e non l’intero importo dovuto. John Harrison morì nel 1776 senza aver avuto il giusto riconoscimento per il suo lavoro. Ma la storia non finisce qui: anche Kendall ne ebbe la sua parte assieme ad altri orologiai inglesi famosi, come ad esempio J. Dent, e questo lo vedremo in una prossima puntata.

Foto 1: Ritratto di John Harrison (1693 – 1776).
Foto 2: I’orologio H1 del 1736.
Foto 3: l’orologio H2 una riduzione dell’H1 del 1739.
Foto 4: l’orologio H3 terminato nel 1759 assieme al modello H4.
Foto 5: l’orologio H4 realizzato tra il 1755 e il 1759.
Foto 6: l’orologio K1 La copia dell’H4 realizzata da Larkum Kendall nel 1771.

(Foto Google di dominio pubblico. Click per ingrandire)