martedì 3 maggio 2011

Roskopf 2: origine delle leggende

Di Luciano Zambianchi

Orologio dell'epoca ellenistica, 1° secolo avanti Cristo

Foto 1

Ho letto e ascoltato i professionisti della penna spiegare che frequentemente lo spunto per i loro articoli viene dalla realtà quotidiana. Ho anche sempre pensato che fosse impossibile avere ogni giorno un argomento interessante su cui parlare, peggio ancora che lo stesso autore potesse parlare con competenza di tutto. Quando mi sono trovato a scrivere ho deciso di parlare solo dei miei interessi, in questo modo ho potuto approfondire alcuni argomenti, con l’alibi di comprenderli meglio per poi divulgarli.

Foto 2

Ma divulgarli a modo mio: dando solo notizie più volte controllate e cercando di incuriosire indicando possibili approfondimenti. Molte volte mi è capitato di leggere favole al posto di quanto indicato da titoli che annunciavano argomenti storici o scientifici e questo non va bene! Naturalmente anch’io traggo dagli stimoli quotidiani gli argomenti di cui parlare; per anni le mie fonti di ispirazione sono stati i mercatini delle pulci, dove ancora oggi scopro decine di curiosità che mi piace mostrare agli amici e a chi mi legge, che considero un poco come i miei amici. Tutti gli stimoli raccolti vengono poi filtrati e mi portano a parlare di argomenti derivati soltanto dal mondo degli orologi, dalla misurazione del tempo, dalle visioni che del tempo hanno popoli di continenti diversi. Da quando ho iniziato, le cose sono un poco cambiate: i mercatini si sono riempiti di paccottiglie di origine asiatica, ma per fortuna sono nati decine di mercati alternativi nel WEB dove tra gli oggetti esposti da ogni parte del mondo si può girare per ore, scoprendo ogni giorno decine di argomenti. Purtroppo anche questi mercati virtuali sono stati invasi da mercanti orientali che offrono cineserie e patacche, ma questo è il prezzo che si deve pagare alla “globalizzazione”.
Foto 3


Le cose interessanti che si possono scoprire in un solo giorno sono così tante che, anche rimanendo nel “settoriale”, per approfondirle occorrerebbero più vite, ma è necessario che qualcuno lo faccia, anche perché di alcuni oggetti si rischia di perdere anche il ricordo: non esistono più le attività che li giustificavano (pensate alla palamarka di cui si parla ormai solo su “Famiglia moderna”). Altri oggetti sono vittime di mode lanciate da rivenditori interessati, parlo di vittime, perché le mode portano alla scomparsa di questi oggetti, che perdono la loro funzione per diventare soggetti da collezione. Oggetti e documenti materiali stimolano anche i mistificatori che in alcuni casi creano dei falsi storici (con scientifiche operazioni di revisionismo), in altri casi con la semplice perdita o la sapiente distruzione di alcuni documenti si riescono a cambiare le storie importanti, quelle dei personaggi in vista. Posso ricordare le introvabili copie della rivista “La Difesa della Razza”in cui un giovane Giorgio Almirante svolgeva l’importante ruolo di segretario di redazione, oggi nessuno è in grado di leggere i redazionali pubblicati da quel periodico senza inorridire. Tra i cimeli sovietici è invece normale trovare le foto storiche dei primi Comitati Centrali del PCUS in cui il povero Lev Davidovič Bronštejn (1879 – 1940), più noto come Trotsky, è misteriosamente scomparso: in realtà la sua immagine è stata cancellata a causa della damnatio memoriae decretata nei suoi confronti all’epoca di Stalin. Per tornare al settore dell’orologeria le falsificazioni più clamorose sono di origine polacca e bulgara più ancora che cinese, le vittime sono i marchi più famosi e gettonati, da Omega a IWC, da Vacheron Constantin a Rolex. Scoprire i falsi non è molto facile, le differenze dagli originali sono minime, anche nel vasto settore dell’antiquariato le copie sono più numerose degli originali al punto che preferisco acquistare orologi distrutti e magari già cannibalizzati come fonte di pezzi di ricambio piuttosto che esemplari funzionanti e ben tenuti che a volte sono assemblati ssu cui è stato inciso un marchio. Lo stimolo, parlerei addirittura della provocazione, di oggi è legato ad una immagine che mi ha spedito un amico che ha letto i miei articoli sugli orologi e la religione. Si tratta della foto di un movimento Roskopf truccato per il mercato ottomano (Foto 1). Si tratta di un orologio che il truccatore ha tentato di trasformare, non sono in grado di dire con quanto successo, in orologio rispettoso delle norme previste dai dotti islamici.

Foto 4

Naturalmente le modifiche introdotte dall’artigiano non hanno migliorato le prestazioni dell’orologio, anzi lo hanno reso instabile. Osservando bene la foto, devo rettificare una delle mie affermazioni precedenti: ho la certezza che il mercato ottomano ha assorbito una discreta quantità di Roskopf taroccati, le lamelle usate come “ritocchi estetici” sono evidentemente prodotte in serie, e a quanto mi è dato di conoscere, sono state espressamente prodotte per quello scopo.

Foto 4a

L’instabilità introdotta dal ritocco è invece legata all’aumento degli attriti nello scappamento, in particolare all’aumento di peso sul perno della barra su cui sono installati i cavicchi. Negli orologi moderni tutti i manuali di assistenza sconsigliano di oliare i perni dell’ancora dello scappamento, ed anche nelle liste di discussione in internet specializzate in orologeria, gli esperti raccomandano di non mettere mai olio sui perni dell’ancora dello scappamento. Molti sostengono che l’olio in quel punto blocca il movimento o almeno aumenta i possibili attriti. Le mie esperienze concordano solo in parte con le raccomandazioni ufficiali: a mio parere sono da oliare i perni delle ancore quando lavorano su rubini e hanno assi lunghi (montati su ponti che lasciano uno spazio di almeno un millimetro sopra e sotto l’ancora, Foto 2), e sconsiglio di oliare i perni dello scappamento negli orologi con movimento “fuse”. Tornando ai Roskopf devo constatare che ancora oggi sono tra gli orologi più collezionati ed imitati: oltre ai 40 milioni di pezzi prodotti dalla Recovillier con i marchi di famiglia e agli altrettanti pezzi prodotti su licenza, ci sono gli imitatori, esemplare risulta il Rosskopf della Foto 3: una “s” in più nel logo può sfuggire agli osservatori non molto attenti e può far credere, a chi lo compra, di acquistare un originale e non un orologio costruito su licenza o una semplice copia.

Foto 5

Proprio il mese scorso mi sono dedicato ad una ulteriore ricerca sugli orologi Roskopf, un lavoro che mi ha portato ad esaminare circa 5000 immagini e a leggere centinaia di articoli e ricerche precedenti; un grande sforzo che purtroppo non mi ha permesso di trovare documenti utili a sostegno della mia tesi, né in francese né in inglese, forse ce ne sono in tedesco ma per me è troppo difficile cercarli. Ho approfondito le ricerche biografiche su George-Frédéric Roskopf, in particolare sul periodo in cui lavorò a La Chaux de Fonds come apprendista presso Mairet & Sandoz che commerciavano in metalli e forniture da orologeria, e anche sul 1834, l’anno in cui diventò veramente apprendista orologiaio nella bottega di J. Bibier. Ho anche cercato di scoprire i rapporti tra la massoneria e la ricca e importante famiglia della sua prima moglie (Francoise Lorimier) che nel 1835 aveva sposato, sollevando un gran numero di pettegolezzi, visto che lui aveva appena 22 anni e la moglie ne aveva 37 ed era una ricca vedova. Ero alla ricerca di documenti che confermassero rapporti tra lui (o la sua famiglia) e la massoneria, ma sono solo riuscito a scoprire che, indipendentemente dai possibili retroscena che lo portarono al suo ritiro dagli affari nel 1872 (alla morte della moglie), George-Frédéric Roskopf fu un marito fedele. Purtroppo questo, anche se gli fa onore, non risponde alle mie domande. Il merito di questo ulteriore approfondimento sulla “dinastia Roskopf” è di una nostra lettrice che dalla Svizzera mi ha spedito immagini di un suo orologio di famiglia (Fritz Roskopf&Cie Patent: Fritz è il figlio di George-Frédéric) chiedendomi i significati dei simboli contenuti nel marchio, in realtà facendomi notare un particolare che mi ha incuriosito (Foto 4 e 4a). Anche di questo marchio ho poi trovato una imitazione (Foto 5) in una copia di un Roskopf. Nel logo mi è sembrato di vedere un compasso stilizzato e così lo ho mostrato ad un mio amico esperto in simboli e riti massonici e lui ha confermato che entrambi i marchi sono sicuramente di origine massonica, anche il secondo, quello che ho trovato su un “Roskopf copia” e che mi sembrava quasi una parodia.

Foto 6

Come ho già detto, nonostante le mie ricerche non sono riuscito a scoprire se Roskopf, suo figlio, o suo nipote, fossero iscritti alla massoneria. La loro iscrizione ad una loggia di “liberi muratori” potrebbe essere una spiegazione del simbolo, ma potrebbe anche aiutare a capire le ragioni del successo (al di là dei contenuti tecnico commerciali) degli orologi Roskopf, e forse le ragioni profonde dei rapporti che hanno legato Roskopf a Breguet e delle ostilità che Roskopf ebbe dalla gilda dei fabbricanti di orologi svizzeri, all’epoca sicuramente diretta da Calvinisti. Un’altra spiegazione dei simboli nel marchio potrebbe essere legata a ragioni di origine commerciale: lo scopo di diventare l’orologio “ufficiale” degli iscritti alle logge massoniche. Oggi gli orologi con simboli massonici (Foto 6) hanno un mercato particolare, legato sia al collezionismo, sia all’esibizione di eventuali appartenenze (vere o millantate) a logge (più o meno riservate). Purtroppo queste ipotesi non possono essere provate e così non mi rimane che chiedere ai lettori di inviarmi o segnalarmi eventuali documenti a favore o meno di una delle ipotesi, o anche di suggerirmene altre. Come al solito, dopo tanto lavoro su un uomo o una famiglia del passato, ho la sensazione di far parte anch’io della sua famiglia, e così vi prego di pensare al signor George-Frédéric Roskopf come ad una brava persona, degno di essere ricordato anche perché riuscì a raggiungere il suo obiettivo: mettere un orologio in tasca a tutti, indipendentemente dalla professione e dal ceto sociale. Ma sarà stato un bene?


Foto 1: Roskopf ottomano
Foto 2: Ancorine con alberi più o meno lunghi
Foto 3: Rosskopf, una “S” in più rispetto al marchio originale
Foto 4: L’orologio di famiglia della lettrice, prodotto su licenza di Fritz Roskopf&Cie
Foto 4a: Il disegno della lettrice
Foto 5: La copia di un orologio con movimento Roskopf e marchio “FIDELITAS”
Foto 6: Orologio da tasca americano (Elgin) con quadrante massonico.

(Foto 4 e 4a della lettrice PB.Altre foto Google di dominio pubblico. Click per ingrandire)