mercoledì 9 febbraio 2011

Il Suono del Suono: 1a parte

Di Marino Mariani

"Incidi la tua voce e spediscila a lui"

Nel 1981 Audiovisione, la rivista che allora dirigevo, pubblicò una serie di articoli intitolati "Il suono del suono", in cui spiegai quali erano i veri parametri che deteminavano il valore di un giradischi. Non il wow, il flutter o il rumble. bensì la sua capacità di afferrare il disco e proteggerlo da ogni tipo di vibrazione spuria (cioè estranea al segnale utile), sia di origine esterna, sia, principalmente, di origine interna, generate, pensate un po', dal pick-up stesso e dal solco vinilico. I nostri insegnamenti, poiché proprio in quel periodo il disco in vinile veniva soppiantato dal dischetto PCM (poi detto CD), vennero travolti dal corso degli eventi, e nessuno avrebbe mai pensato che dopo decenni e decenni, la rinascita del disco vinilico avrebbe tassativamente imposto il ripristino dei test vibrazionali introdotti da Audiovisione, e mai eseguiti in nessun'altra parte del mondo. Il testo che segue è la fotocopia del primo articolo apparso in AV/57/1981, in cui riportavamo, tra l'altro, il curioso esperimento che la rivista americana IAR aveva occasionalmente affidato ad un laboratorio federale: era l'abbozzo dei test vibrazionali che, perfezionati nei nostri laboratori, divennero il marchio di fabbrica di Audiovisione


Audiovisione n.1, febbraio 1973


Nel primo numero di Audiovisione, pubblicato in data febbraio 1973, l'editoriale d'apertura era intitolato "In nome dell'high fidelity", ed accanto a tanti buoni proprositi di natura generale, auspicava che le invalicabili difficoltà di lettura dell'intricato solco analogico venissero rimosse con l'introduzione dei sistemi numerici a larga banda, quelli che tutti ora chiamano PCM (Pulse Coded Modulation). A sostegno della tesi favorevole al videodisco "audio", nello stesso numero abbiamo pubblicato un'accurata analisi del sistema Teldec detto "TED", che si avvaleva di un pick-up a pressione funzionante a conteggio degli impulsi codificati, con una larghezza di banda pari ad alcuni MHz, impervio alla polvere e ai graffi.
Sin da quel momento sarebbe stato possibile introdurre sul mercato questo tipo di disco PCM, a bassissimo costo, con il che l'high fidelity avrebbe guadagnato non meno di un decennio di sviluppo tecnologico e di mercato. E ciò sarebbe stato possibile se la Teldec avesse sviluppato tale sistema in vista delle sue eccezionali potenzialità audio, invece che impelagarsi in una battaglia prematura e senza speranza nel campo delle applicazioni televisive a colori. Tant'è: nel numero scorso di Audiovisione abbiamo visto che il PCM oggi potrebbe arrivare nelle nostre case sotto forma di videoregistratore ccorredatato da apposito adattatore (vedi AV/56/81, articolo "Sanyo TEN-Plus PCM Processor").
Ma il primissimo numero di Audiovisione conteneva anche un articolo saggistico di W.A.Wettler, col quale avevo fatto amicizia tanti anni prima, quando era Tonmeister presso la DGG. Ed a quel tempo m'aveva confidato per quale ragione i dischi in commercio erano cattivi invece che buoni: perché da una sola matrice di stampa venivano tirate migliaia di copie, invece che quell'unico centinaio che potevano essere considerate ottimali, prima dell'iniziio del processo di degradazione della matrice metallica. Ed inoltre, invece del vinile puro, che richiedeva un tempo di lavorazione di quasi 2 minuti, veniva usato un materiale additivato, lavorabile in solo 8 s. In tutto questo frattempo, con tutti i fantastici progressi introdotti nei pick-up, nei giradischi, negli amplificatori e nelle casse acustiche, ebbene, dopo tanti anni, il possessore del migliore impianto hi-fi del mondo è ancora costretto a sentire i dischi da 8 s, di basso peso, fabbricati con materiale di scarto.
È dalla notte dei tempi che l'appassionato di high fidelity ha mostrato di essere disposto a pagare "di più" per acquistare dischi selezionati, e possiamo dire che la maggior parte dei progressi tecnologici introdotti nella catena di riproduzione sono stati finora vanificati dalla bassa quallità della fonte del suono. E se un giorno il fenomeno dell' high fidelity verrà sottoposto ad un processo storico, una storica condanna andrà comminata alla pavidità della spettabile Teldec, che s'è lasciata sfuggire l'occasione del millennio. Ed un'altra severa condanna attende le grandi case discografiche, che per interminabili decenni hanno smerciato pompose etichette invece che suono.
Ciò premesso, posso ora spiegare per quale ragione al ritorno dal WCES di Las Vegas (Winter Consumer Electronics Show, gennaio 1981), prima di entrare in argomento, ho citato i temi che la nostra rivista ha incominciato a dibattere sin dalla sua nascita: finalmente, proprio quando l'introduzione dei sistemi a larga banda (PCM), sotto qualsiasi forma, sembra più che mai incombente, finalmente dunque posso annunciare che avremo i fatidici dischi (analogici) fabbricati a regola d'arte. E sapremo come suonarli.

Il videodisco TED della Teldec

Ebbene , il momento di massimo splendore dell'analogico a noi sembra di averlo ravvisato a Las Vegas nel giradischi canadese Oracle, che introduce il concetto di "isolamento del solco", e nei dischi a strato spesso, alta massa e ciclo termico prolungato, di cui campioni e indiscrezioni ci sono stati forniti da Gary Giorgi della Mobile Fidelity (Original Master Recording) e da Ken Kreisel della spettabile Miller & Kreisel. Forse è solo un caso che questi due diversi tipi di prodotto appaiano contemporaneamente sulla scena, ma essi ci sembrano talmente coordinati e reciprocamente finalizzati che per la prima volta, in tutta la storia dell' high fidelity, l'impero della ragione e della fantasia creativa sembra prevalere sull'impero della mistificazione e della difesa degli interessi commerciali. Va riconosciuto che tutto è cominciato dalla recente introduzione dei dischi a larga banda e ad alta dinamica (direct to disc e da master PCM), i quali hanno focalizzato l'attenzione sugli amplificatori di grosso calibro. Questi elementi sono serviti a definire un nuovo stato dell'arte nel campo dell'high fidelity, ed hanno provocato una netta scissione del mercato: da una parte le grandi multinazionalli discografiche che seguiteranno a produrre per gli acquirenti del rack da 600.000 lire tutto compreso. Dall'altra c'è il mercato dell'esoterico e del semiesoterico, del trascendente e del semitrascendente, un mercato in espansione che ha già raggiunto dimensioni notevoli, tali da meritare e giustificare una produzione discografica a parte, a complemento di apparecchiature che costano fior di milioni.

Il suono del giradischi
Iniziamo la nostra rassegna dal giradischi Oracle che a Las Vegas, e nel successivo meeting internazionale di Montreal, ha raggiunto un fulmineo successo mondiale. Un successo di critiche e un successo di vendite.Le ragioni di questo successo sono facilmente identificabili nella chiarezza concettuale della filosofia di progetto, che al rigore scientifico unisce un'abilità d'esposizione di rara eleganza, merito del presidente Riendeau, giunto all'high fidelity non dalla strada, bensì da una cattedra, appunto, di filosofia. Sono diversi anni che le riviste underground parlano di suono del giradischi, e di giradischi "peggiori" (in tema di rumble e fluttuazioni) che però "suonano meglio" (Linn Sondek). Poiché i latori di questo verbo disdegnano il linguaggio tecnico-scientifico, e pongono all'apice del giudizio non tanto l'orecchio in generale, quanto il "loro" orecchio (mentre ascoltano una sinfonia di Beethoven sentono variare la distorsione in funzione dell'errore di tangenziallità del braccio), è difficile prenderli sul serio, se non a costo di un vero e proprio atto di fede. Ebbene, la chiarezza espositiva di Marcel Riendeau è ben altra, e vediamo di riassumerla.

Il solco: natura e problemi
L'informazione musicale è contenuta nei meandri e nelle tortuosità del solco, che costituisce la replica analogica dell'onda sonora proodotta e catturata nella sessione di registrazione. Il diamante di lettura vibra in accordo con la modulazione del solco, ed il pick-up trasforma queste vibrazioni meccaniche in un segnale elettrico destinato alla successiva amplificazione. Sfortunatamente il diamante di lettura legge, rivela ed invia all'amplificazione elettrica "ogni" vibrazione meccanica, di qualsiasi natura, anche quelle totalmente estranee al pacchetto d'informazioni contenute nel solco. Va da sé che lo stilo deve essere isolato da queste sollecitazioni spurie. Esso deve suonare soltanto il solco, non il disco inteso come oggetto, non il piatto rotante, non lo chassis, né deve essere inflluenzato dall'ambiente, dall'energia acustica irradiata nell'aria dalle casse, dai passi della gente, dalle vibrazioni del motore e dalle vibrazioni delle sospensioni. I fabbricanti, invece, badano più alle fluttuazioni, all'estetica e agli automatismi, e dedicano poca attenzione a questi problemi d'isolamento. E se qualche giradischi, in passato, è riuscito a produrre un suono migliore, lo è stato nella misura in cui il fabbricante è riuscito a turare una o qualcuna di queste falle. Ma nessuno ha mai individuato (stiamo interpretando le parole di Riendeau) la più letale fra tutte le sorgenti di vibrazioni spurie: IL DISCO STESSO.

Un Oracle Delphi degli anni '80

Il concetto è questo: prima di tutti l'Oracle non s'è limitata a progettare un ottimo giradischi su cui "poi" poggiare un disco e suonarlo come evento accessorio, ovvio e...fatale, bensì a considerare il disco come parte integrante del processo di trascrizione e ad includerlo nel progetto. Il vinile potrà essere il mezzo ottimale per immagazzinare informazioni in forma di modulazione analogica del solco, ma il processo di lettura eccita numerosi e gravi effetti collaterali inerenti alla natura stessa di questo materiali. Essi sono:

1. La risonanza del vinile: nel processo di lettura delle ondulazioni del solco, il diamante subisce accelerazioni laterali e verticali dell'ordine di 1000 g, che si traducono in altrettante sollecitazioni applicate alla facce del solco. Ebbene, ogni materiale possiede certe risonanze intrinseche, che vengono eccitate se gli viene comunicata sufficiente energia, ed il vinile, sotto questo aspetto, è un materiale particolarmente "vivo". Gran parte dell'eccessiva brillanza, dello stridore dei moderni impianti di riproduzione musicale, è originata dalle risonanze del vinile, eccitate dalla puntina stessa.

2. Il vinile come mezzo d'immagazzinamento d'energia acustica: il vinile è un mezzo elastico, e come una molla incamera energia quando viene compressa, e la libera quando si distende, così il vinile assorbe l'onda d'urto generata dalla lettura d'un transiente, e la rende, dopo un certo intervallo di tempo, quando si rilassa. L'effetto maggiormente avvertibile non è tanto un'eco definita, quanto una perdita generale di definizione e di dettaglio, dato che il processo continua per tutta la durata del disco.

3. Il vinile come mezzo di trasmissione di energia acustica: data la natura "viva" ed elastica del vinile, esso immagazzina parte dell'energia acustica che viaggia nell'aria (non solo la musica irradiata dalle casse, ma qualsiasi rumore ambiente) e la trasmette alla puntina sotto forma di vibrazione spuria, contribuendo alla perdita di definizione e di dettaglio, e provocando il rimbombo dei bassi.

4. Le ondulazioni del vinile (warps): si tratta di un male ben noto, anch'esso dovuto all'elasticità del vinile. I warps insidiano la stabilità dell'intero sitema di lettura, producono una variazione periodica di tono (warps wow), e in generale, introducono problemi nell'intera catena di riproduzione.
Le ondulazioni del disco si traducono in questa condizione fisica: alcune parti del disco galleggiano in aria libera, e quindi risultano infinitamente più suscettibili a qualsiasi tipo di eccitazione spuria.

Isolamento del solco
Affinché venga suonata "solo" l'informazione contenuta nel solco, il solco deve essere isolato dal resto del disco. Per ottenere ciò l'Oracle fa uso di un pressore che si avvita al capstan filettato del giradischi, di uno speciale tappetino liscio (che da ora in poi chiameremo "mat"), e di un rialzo conico, attorno al capstan, che serve a distanziare il centro del disco dal mat. Per capire il funzionamento di questo dispositivo d'accoppiamento, prendiamo di mira i quattro diagrammi che seguono:


Diagrammi per l'isolamento del solco

1. Questo diagramma, in forma esagerata, mostra un disco ondulato poggiato su un giradischi qualsiasi munito di un classico mat scanalato. Si vede che a causa dei warps e delle sacche d'aria incluse nel mat scanalato, il contatto tra il disco e il giradischi è solo parziale, ed il disco è completamente libero di vibrare e risonare in risposta alle sollecitazioni meccaniche esterne ed alle onde d'urto generate dalla puntina stessa.

2. In questa seconda figura si può osservare il primo stadio del processo d'accoppiamento del disco al giradischi Oracle: il distanziatore centrale fa sì che il disco penda da un lato.

3. Ma se sulla zona dell'etichetta esercitiamo, per esempio a mano, una leggera pressione, questa si traduce in una pressione uniforme distribuita su tutta la superficie del disco.

4. Ed ecco lo stadio finale del processo di accoppiamento al giradischi Oracle: il pressore viene avvitato al capstan del giradischi ed esercita una pressione uniiforme sulla periferia della zona dell'etichetta, e quindi lavora contro l'apice del cono distanziatore centrale. Ne consegue che tutta la zona utile del disco viene spinta contro il mat liscio, e vi aderisce per suzione, visto che sotto al disco si forma un vuoto parziale.

Prrima di proseguire sarà bene dare informazioni sulla speciale natura del mat dell'Oracle. Innanzitutto esso è liscio per evitare che si formino sacche d'aria risonanti. Inoltre è fatto d'un materiale speciale ad altissimo smorzamento interno, che si presenta superficialmente viscoso (intendiamoci bene: se uno ci preme sopra con un dito, rimane appiccicato). Inoltre ha un diametro leggermente inferiore a quello di un LP normalizzato in modo che la superficie di contatto è tutta e soltanto quella modulata, e dal contatto rimane escluso il bordo (leggermente ingrossato) del disco, nonché la zona centrale tenuta separata dal mat in virtù del distanziatore.
E così la zona utile del disco, quella che contiene i solchi modulati, risulta compressa e letteralmente incollata al mat, il quale ha il compito di assorbire e smorzare tutte le vibrazioni impresse al vinile "prima" che vengano ritrasmesse al vinile, e quindi alla puntina. È in questo modo che si effettua l'isolamento del solco, e il diamante può leggere l'informazione musicale senza essere turbato da nessun'altra vibrazione spuria.
È chiaro che il concetto di isolamento del solco, e il dispositivo adottato per attuarlo, costituiscono solo il nucleo centrale del sistema filosoofico Oracle. Vediamo come questo sistema si estenda puntigliosamente a tutti gli altri elementi del giradischi.

Il piatto rotante
Il piatto dell'Oracle è tornito in una speciale lega ad alta rigidità e resistenza di magnesio/alluminio, lega con cui è costruito anche tutto il resto del giradischi. Esso è disegnato in forma di volano, con la massa concenrrata sul bordo in modo da rendere massimo il momento d'inerzia, allo scopo di prevenire il flutter indotto dalla lettura dei transienti. Infatti quando il diamante di lettura attraversa un transiente di grande ampiezza, la forza che si genera è abbatanza elevata da rallentare il piatto rotante, ed in questi casi ogni dispositivo di servo controllo è completamente inutile perché effettua la correzione quando l'errore è già passato. Il piatto rotante di un giradischi viene in genere realizzato in metallo, e presenta una vasta area supericiale, è quindi particolarmente soggetto a risonanze e alle vibrazioni meccaniche. In molti casi lo smorzamento del piatto viene affidato interamente alla mercè del tappetino (mat) che lo ricopre, ma chiaramente in un sistema ottimizzato anche il piatto rotante deve essere intrinsecamente non risonante. E pertanto il bordo del piatto dell'Oracle reca un inserto speciale fatto d'uno speciale composto elastico spugnoso denominato Peripheral Wawe Trap, che fa da assorbitore d'onda per tutte le vibrazioni che attraversano il piatto. Queste bande d'assorbimento periferiche, unite alla caratteristica di bassa risonanza intrinseca della lega al magnesio/alluminio, danno luogo ad un piatto rotante vistosamente meno risonante di qualsiasi altro. Basta picchiettare sul piatto dell'Oracle e su quelli più o meno argentini degli altri giradischi, per constatare che esso è elasticamente "morto".

Il subchassis
Lasciamo perdere la descrizione del perno rotante lavorato a specchio e del suo sistema di supporto: basta dire che l'intero dispositivo utilizza materiali di varia durezza, dai 70 ad oltre 90 gradi Rockwell, poggia su una punta di carburo di tungsteno contrastata da una piastra di controspinta ancora più dura, e cioè in carburo di tungsteno superficialmente nitrurato (92 Rockwell), ed utilizza un complesso sistema di cuscinetti di nuovo disegno che disperde nel subchassis ogni vibrazione di moto del piatto rotante. E passiamo al subchassis costruito nel modo più esoterico che si possa immaginare, e cioè in un compensato a 7 strati così formato: 4 strati in lega al magnesio/alluminio con inframezzati tre strati di uno speciale collante, il tutto unito in un'unica struttura estremamente rigida ed elasticamente "morta", formata ad altissima pressione. Il collante interposto fa evidentemente da diaccoppiatore e smorzatore delle vibrazioni che tentano di trasmettersi tra uno strato metallico e l'altro.
Altro elemento esoterico del subchassis è costituito dalla sua geometria, studiata per minimizzare la superficie esposta, che agisce come il diaframma d'un microfono suscettibile al campo d'onde circostante. Inoltre s'è studiata la concentrazione della massa attorno all'asse centrale, in modo da assorbire e dissipare ogni vibrazione proveniente dal perno rotante. In generale si può dire che tutto il problema della distribuzione della massa è stato studiato in modo che il subchassis non dia alcun contributo proprio in tema di indesiderate colorazioni, assorba le vibrazioni, e si integri opportunamente col sistema delle sospensioni, ognuna delle quali ha un differente coefficiente di elasticità, in modo che tutto l'insieme flottante risulti esattamente sintonizzato sulla frequenza prestabilita. Nel disegno del subchassis è stato compreso anche il metodo di montaggio della piastra base del braccio. Il concetto è stato quello di includere questa piastra nei confini rigidi e inerti di un'estensione circolare del subchassis stesso. Ciò consente di minimizzare la tendenza della piastra base ad agire come un diaframma (microfonico), e a tenerla alla stessa quota (geometrica) del subchassis, e così la massa del braccio viene meglio integrata nella massa complessiva dell'insieme flottante (massa sospesa) e meglio controllata dal punto di vista del problema generale della distribuzione delle masse. Queste considerazioni hanno portato all'esclusione del sistema consueto di montaggio su una tavolaetta esterna ai confini del subchassis. Per garantire che il montaggio del braccio non venga ad interferire con la sintonizzazione del sistema di sospensioni elastiche, vengono fornite molle accessorie da utilizzare in congiunzione di bracci dal peso inusitato. Ci risulta inoltre che gli esemplari di prossima importazione saranno muniti di un contrappeso, che non appare nei disegni attualmente in nostro possesso. Infine, la conformazione circolare della base del braccio consente di utilizzare bracci di differente lunghezza, basta farla leggermente ruotare attorno al suo asse fuori centro.

Le sospensioni
Se in quanto precede i lettori hanno ravvisato alti motivi d'interesse, il sistema di sospensione del giradischi Oracle merita poi tutto uno studio a parte. Essi stessi si vantano di aver realizzato"un capolavoro di funzionale eleganza". Lo scopo fondamentale d'un sistema di sospensionii è quello di agire come un filtro nei riguardi delle vibrazioni esterne. Le sospensioni agiscono come un filtro passa-basso, che taglia le frequenze vibrazionali esterne al di sopra della propria frequenza d'accordo. Più bassa è la frequenza d'accordo (risonanza) delle sospensioni, maggiore è la quantità d'energia esterna cui viene sbarrato l'ingresso nel sistema. La sospensione dell'Oracle, come abbiamo visto, è del tipo a subchassis flottante, ed è sintonizzata sulla frequenza di 3,5 Hz. Sia nella sua concezione globale, sia negli aspetti particolari, essa differisce profondamente da ogni cosa vista sugli altri giradischi. Probabilmente la caratteeristica maggiormante distintiva, rispetto agli altri giradischi, sta nel fatto che il baricentro della massa sospesa (subchassis flottante) giace esattamente alla stessa quota dei punti di fissaggio delle molle, il che rende l'apparato di lettura immune dai modi di vibrazione orizzontali che si generano nel giradischi per esempio quando il piatto si mette in moto, o per qualsiasi altra causa esterna. Quando il centro di gravitò del sistema sospeso non giace sullo stesso piano dei punti di fissaggio delle delle sopensioni, qualsiasi perturbazione esterna tende a trasformare questi ultimi in punti fissi attorno ai quali si eccitano moti di rotazione. Questo effetto è grandemente ridotto nell' Oracle, che pertanto si configura come un sistema flottante intrinsecamente stabile, largamente immune agli urti provocati dal trapestio e dalla gente che smanetta attorno all'impianto, e ai moti indotti di natura rotatoria. Questo allineamento consente inoltre di compensare lo spostamento laterale del subchassis normalmente provocato dalla cinghia (l'Oracle ha una trasmissione a cinghia), semplicemente piazzando la puleggia sullo stesso piano e regolando di conseguenza le molle.
Le molle con cui è realizzato il sistema di sospensione sono del tutto inusitate. Esse hanno una forma a campana, con una sezione superiore fatta di spire di piccolo diamentro che poggiano su un manicotto di polietilene munito di una sistema di assorbimento in gomma. Segue una sezione intermedia, in cui il diametro delle spire di poco aumenta scendendo verso il basso. Ed infine una sezione inferiore, in cui le spire si espandono considerevolmente verso l'esterno, e nella quale ha sede il supporto in polietilene. La forma a campana previene la formazione di risonanze tipiche delle molle cilindriche, e non presenta le illinearità di quelle coniche.
Regolazione delle molle
Altro fatto di fondamenatale importanza è che le molle sono fortissimamente disaccoppiate dal loro stesso sistema di d'alloggiamento. Quest'ultimo è realizzato mediante due diversi materiali: il supporto in polietilene cotituisce l'isolatore primario tra le molle e l'insieme sospeso, tuttavia esso è ulteriormente isolato dalla sezione superiore dell'alloggiamento delle molle e dai supporti del subchassis mediante uno strato di speciale gomma spugnosa. Questa gomma e questo polietilene costituiscono un'efficace barriera che impedisce il trasferimento al subchassis delle vibrazioni delle molle. Un altro vantaggio di questo disegno è che la gomma spugnosa smorza, inoltre, l'alloggiamento stesso delle molle. Ed infine va notato che questo strato spugnoso costituisce effettivamente un'altra molla che agisce in congiunzione con la molla principale, ma in senso opposto: quest'ultima agisce verso il basso in espansione, mentre la gomma agisce verso l'alto in compressione. La combinazione di tutte e due costituisce un sistema a doppio effetto che contribuisce efficacemente alla realizzazione'isolamento del solco.
Nel suo insieme la configurazione di questo sistema di sospensione presenta un altro grosso vantaggio di carattere pratico: la vite di livellamento spunta dalla parte superiore dell'alloggiamento delle molle, e così il sistema di regolazione e livellamento del subchassis è facilmente accessibile dall'alto, e quindi tutte le regolazioni avvengono con la massima facilità, in vero tempo reale, al contrario degli altri giradischi in cui bisogna smontare il fondo del basamento ecc. Ed inoltre, negli altri giradischi, l'operazione di regolazione delle sospensioni (livellamento) consiste in pratica nell'allentare o comprimere le molle stesse, con conseguente variazione del tutto incontrollata delle realtive frequenze d'accordo. Nell'Oracle l'operazione di messa a livello, vale a dire la rotazione delle apposite viti, fa spostare l'intero alloggiamento lungo un asse filettato, senza minimamente variare lo stato di tensione delle mollw. E quindi quest'operazione non influenza la frequenza d'accordo del sistema.

Motore, puleggia e cinghia
L'Oracle è equipaggiato con un motore Papst costruito su specificazione, in corrente continua, a coppia bassa ma più che adeguata alla bisogna, in modo d'avere un basso contenuto di vibrazioni. Molto silenzioso essendo del tipo senza spazzole. Tuttavia tutti i motori vibrano, pertanto esso è stato montato sulla piastra base in maniera da risultare totalmente disaccoppiato dall'apparato di lettura, col quale interagisce solo mediante la cinghia di trasmissione, che d'altronde agisce da filtro naturale.
La puleggia del motore è tornita di precisione in lega d'ottone. La sua sezione ovalleggiante dà maggior stabilità e consente l'autocentramento della cinghia. La cinghia è realizzata in etilene propilene, e viene ottenuta mediante un processo di formazione per iniezione, d'alta precisione, che la rende autoallineata (non si torce). Le variazioni superficiali e le tolleranze sono trascurabili. La cinghia è stata scelta per massimizzare il trasferimento della coppia, la sua tensione è stata scelta in modo da minimizzare la trasmissione delle vibrazioni e ridurre l'usura dell'albero motore.

Uno strano test
Abbiamo speso tutte le nostre energie intellettive per ricostruire nei minimi particolari ogni passo della filosoffia costruttiva dell'Oracle, e crediamo che il costruttore in persona non avrebbe potuto dire di più. Da quanto precede si vede che il costruttore s'è preoccupato di tutto, veramente di tutto, tranne che delle cosiddette "specificazioni" del suo giradischi, vale a dire di quei numeri che, secondo le norme internazionali, e secondo "l'abietto tecnicismo" di tanti recensori, dovrebbero stabilire il "merito" dell'apparecchio. Ebbene, parrebbe altresì che la normativa internazionale, nel caso sppecifico dei giradischi, sia essenzialmente fuorviante, o per lo meno inadeguata, in quanto focalizza l'attenzione su parametri d'importanza relativa e ne trascura altri che, come la microfluttuazione indotta dalla lettura dei transienti forti, sembrano il frutto della pacifica follia di alcuni melomani dalle orecchie di pipistrello.
Questi folli ma utili melomani scoprirono per primi la distorsione degli amplificatori senza distorsione, vale a dire la distorsione d'incrocio degli amplificatori a transistori, che intesero come affaticamento d'ascolto prolungato. La normativa internazionale seguita ad ignorare ufficialmente questo tipo di distorsione, mentre i nosri lettori ben la ravvisano nelle nostre analisi spettrali.
E per i giradischi dovremo seguitare a collezionare le sentenze (medianiche) dei profeti, o escogitare qualche nuova misura di laboratorio per render conto, per esempio, dell'isolamento del solco, che per ora, più che un parametro, è un concetto? Ebbene, una rivista americana, IAR (International Audio Review), ha fatto un grosso passo avanti nel campo di queste misure esoteriche, e ha misurato l'isolamento del solco...come tale! E cioè ha poggiato un pick-up su un solco intermedio, a metà del disco, possibilmente nell'intervallo tra un brano e l'altro. Poi ha impartito un urto normalizzato, inclinato di 45°, sul bordo del disco, e ha registrato su grafico l'impulso elettrico in uscita dal pick.up, provocato dalla vibrazione artatamente impressa. È così che la rivista IAR ha potuto provare scientificamente ciò che era nell'orecchio di tutti, e cioè che il Linn Sondek aveva le sue brave ragioni tecniche per suonare meglio degli alri giradischi, presentando un isolamento del solco infinitamente migliore di quello di tutti gli altri competitori. Si può ben dire che il Linn Sondek aveva facile gioco sugli avversari, in quanto nessuno di essi aveva avvertito l'essenza del problema. Ebbene, adesso noi pubblichiamo tre grafici tratti da un numero di IAR, di cui uno mostra la risposta all'inpulso meccanico di un giradischi tipico della produzione corrente. Il secondo mostra la risposta, infinitamente migliore, del Linn Sondek. Il terzo  grafico ridicolizza il Linn Sondek e lo fa apparire come l'elefante in un negozio di porcellane, ed è il grafico relativo all'Oracle.

Test vibrazionale d'un giradischi "NN"

Test vibrazionale del Linn Sondek

Test vibrazionale dell'Oracle

Il suono dei dischi
Le critiche alle grandi case discografiche sono diventate un argomento del tutto comune, hanno solo il torto di provenire dagli utilizzatori delusi, dalle riviste di alta fedeltà, quindi da una sola parte della barricata, lasciando del tutto indifferente la controparte. È quindi d'estremo interesse seguire l'attività delle nuove piccole case discografiche, vivaddio in rapida crescita, che si sono dedicate alla produzione di veri e propri dischi "high fidelity". Alcune di queste (Sheffield, Telarc, Miller&Kreisel) sono note ai nostri lettori per aver introdotto sistemi nuovi di registrazione (direct to disc o master PCM a 16 bit), con il che, a prescindere dal grado di manifattura, era il contenuto musicale vero e proprio, a larga banda e ad alta dinamica, a creare stupore ed ammirazione. Accanto a questi pionieri si stanno ora evolvendo altre case che non curano direttamente la registrazione, si sono bensì specializzate nella riedizione a tiratura limitata di registrazioni già consacrate dal successo, registrazioni effettuate e lanciate da qualsiasi grossa casa discografica, magari di quelle più vituperate dagli appassionati di high fidelity. Ebbene, tutte queste nuove case si stanno muovendo per conquistare un nuovo mercato selezionato ma ricco, che offre suggestive prospettive in cambio di solide garanzie. Le nuove case sono addirittura ansiose di fornire queste garanzie, e pertante battono con incredibile...vivacità sugli argomenti che le differenziano dalle grandi case commerciali. Per la prima volta l'appassionato di high fidelity può consolarsi di non essere il solo ad inviare anatemi agli indirizi ben noti: adesso i produttori di riedizioni di pregio a tiratura limitata portano in piazza argomenti che finora erano stati pietosamente celati. Cominciamo intanto a presentare un nome nuovo, quello della giapponese YSL Records, che ha un ricchissimo repertorio che va dagli ABBA a Warren Zevon passando per i Beatles e i Rolling Stones.

YSL Records of Japan
A Las Vegas la YSL Records ha distribuito. accanto al proprio catalogo, questa dichiarazione che riportiamo integralmente: Perché acquistare l'edizione giapponese YSL? La ragione sta nell'ascolto. Fa' questo semplice esperimento: prendi un album che ben conosci e confronta l'edizione americana con la sua controparte giapponese. La differenza ti meraviglierà. Udrai un'estensione dinamica molto maggiore, meno distorsione, una risposta in frequenza più piatta ed estesa, alti più nitidi e bassi più precisi, nell'edizione giapponese. E sarai incantato da quello che non udrai, nel disco giapponese. Niente pops, niente clicks, niente di quell'irritante rumore di superficie. La musica emerge da un sottofondo di silenzio virtuale.In breve, la versione giapponese suona più prossima alla cosa reale. Perché? Perché l'edizione tipica americana usa un vinile che è solo parzialmente (diciamo al 60%) vergine, il rimanente vinile è merce riciclata, per lo più infestata di capelli, cenere di sigarette, ditate di grasso ed ogni sorta di materie estranee. Roba che ritrovi nel suono. L'edizione giapponese è garantita al 100% di vinile vergine. Inoltre il nostro vinile è di una qualità che in America non può essere ottenuta. I dischi stampati in America in genere vengono pressati ad alta velocità e ad alto volume, in modo da produrre la maggior quantità nel minor tempo possibile, al diavolo la quallità. Ma gli album giappponesi sono immutabilmente stampati in piccole quantità, dandogli il tempo di raffreddarsi opportunamente (consentendo ai solchi di stabilizzarsi e riducendo la possibilità di ondulamento), e sottoponendoli a controlli di qualità accurati e frequenti. Gli album americani sono fatti per un mercato di massa che non bada al suono. Quelli giapponesi per l'audiofilo raffinato. Chiunque tu sia, se hai investito molto tempo e denaro nel tuo impianto high fidelity, e se vuoi ottenere il meglio dal tuo denaro, non faticherai ad accorgerti dell'incredibile differenza di suono che puoi avere da un'edizione giapponese. Fa' il confronto tu stesso. Un mondo di piacere sonoro ti attende.

Mobile Fidelity
La Mobile Fidelity, che è la prima al mondo nel campo delle riedizioni di altissimo pregio, e che è titolare dell'etichetta Original Master Recording, usa un linguaggio più pacato ed ancor più convincente: come si fa un LP Original Master Recording? Il segreto è tutto riposto nella maniera con cui gli Original Master Recording vengono fatti, con un procedimento del tutto diverso dagli altri...che richiede infinitamente più tempo. Le maggiori case discografiche sono in affari per produrre una gran quantità di musica destinata ad un numero tremendo di persone. È un business di grossissima portata, in cui l'edizione di milioni di copie di un solo album sono tutt'altro che infrequenti. A questo livello, il tempo e i costi di lavorazione devono essere tenuti rigidamente sotto controllo, ed in tal contesto si può incidere una lacca master, che è il primo passo per giungere al disco finale da porre in vendita, in meno d'un'ora Ed invece occorre un minimo di tre mesi per fare un Original Master Recording. E tutto questo tempo in più si traduce in un impressionante miglioramento della chiarezza sonora. Nell' Ouverture 1812 di Ciaikowsky non solo udrete gli otto violoncelli, ma anche lo spazio tra essi e l'aria attorno a loro. Nel "The Dark Side of the Moon" dei Pink Floyd sarete finalmente in grado di ascoltare e distinguere il bisbiglio più tenue, i più enigmatici effetti sonori, e fare l'esperienza dei passaggi di silenzio totale ed assoluto...senza snaps, crackles, buzzes e pops (sic). Per far ciò, la Mobile Fidelity Sound Lab utilizza il suo procedimento esclusivo di mastering a mezza velocità. Ciò dà il doppio del tempo al sistema, per catturare ogni dettaglio, ogni sfumatura di suono proveniente dal nastro master originale (mai di seconda o terza generazione), e trasferirli accuratamente nel solco. Nel contempo, il procedimento a mezza velocità esclusivo della Mobile Fidelity utilizza solo un quarto della potenza che viene impiegata nel normale processo di taglio in tempo reale. E così gli amplificatori che alimentano la testa d'incisione non vengono mai spinti in saturazione, il che dà spazio per un intervallo dinamico di gran lunga superiore, per una superiore risposta in frequenza complessiva, ma specialmente nella parte alta dello spettro, e per una migliore separazione stereofonica. In questo processo sono banditi trasformatori e limitatori, e non viene introdotto nulla che possa distorcere e comprimere il vivente sonoro di un Original Master Recording. Dopo che la lacca madre è stata incisa, essa viene immediatamente protetta in frigorifero. Poi vengono prodotte le matrici metalliche e gli stampi per produrre la copia finale. Ci vuole più di un mese prima che le matrici metalliche possano essere ascoltate e valutate.

"The dark side of the Moon" dei Pink Floid
Poi si passa alla stampa. Non su vinile ordinario, ma su un materiale conosciuto come Super Vinile. La Victor Company of Japan (la JVC di Yokohama) è l'unica ditta al mondo che produce questo materiale d'alto grado. Il Super Vinile dà una superficie ultra silenziosa, è più pesantee e più duro del vinile ordinario e non ha "memoria": potete suonare un Original Master Recording per ore ed ore senza doverlo mettere a riposo dopo ogni sonata. Quando un disco di vinile ordinario viene suonato ripetutamente, le facce del solco, al passaggio dello stilo tendono a snervarsi e a distorcersi, con evidente deteriorazione del suono. Il tempo di vita di un Original Master Recording è, come minimo, quattro o cinque volte maggiore di quello di un LP ordinario.
Potremmo seguitare a lungo nella citazione di queste dichiarazioni ufficiali, ma riteniamo che quanto abbiamo riportato già risulti tranquillizzante per l'appassionato di high fidleity. Il quale vede altresì giustificato il prezzo di questi dischi, che è almeno triplo di quello dei dischi di normale produzione. Si tratta infatti non di dischi "selezionati", bensì di dischi prodotti con metodi diversi e particolari. Va fatto incidentalmente notare che i dischi di normale produzione non vengono mai prodotti a partire dal nastro master originale, il quale viene messo subito in cassaforte, e ciò che viene fatto circolare per i vari laboratori d'allestimento delle matrici e degli stampi solo nel caso migliore è una copia di seconda generazione, più frequentemente di terza o quarta, con tutta la degradazione che ciò comporta. E quindi la speciale garanzia della Mobole Fidelity, e delle altre case che seguono la stessa politica, non sta solo nella manifattura del disco, ma anche nel contenuto musicale, che parte dal master originale. Orbene, oltre alla cura d'ordine superiore riposta nell'allestimento delle lacche, il segreto dei nuovi dischi sta nella manifattura stessa del disco. Da quanto abbiamo detto a proposito dei dischi stessi, e dalle nozioni apprese nell'esposizione della filosofia costruttiva dell'Oracle, uno dei maggiori appunti rivolti al vinile ordinario e ai tempi di lavorazione è quello di dar luogo ad un prodotto finito risonante, elasticamente vivo ed affetto da perniciose forme di memoria termica. Il che significa che il disco è affetto da tensioni interne che non consentono di formare il solco a regola d'arte, ed inoltre il solco comunque stampato non è stabile: non solo gli urti meccanici subiti dallo stilo, ma il calore sviluppato per attrito e per la componente anelastica degli urti, portano il solco fuori forma, e buona parte di tali deformazioni non sono recuperabili nel tempo (isteresi termica), e si risolvono in deformazioni permanenti e irreversibili. L'instabilità termica dei dischi (e di tutti gli stampati in plastica) può essere illustrata mediante un'analogia di carattere meccanico: se poniamo una sferetta sul fondo di un recipiente curvo, e la spostamo dalla sua posizione di riposo, essa tende a ritornarvi e dopo qulahce oscillazione si ferma nella posizione originaria (equilibrio stabile). Se invece poniamo la sferetta in equilibrio in cima ad una superficie convessa, basta la minima perturbazione perché questa rotoli via e non si faccia più vedere (equilibrio instabile). Ebbene, lo stesso vale per i dischi ordinari stampati in otto secondi: essi si trovano in equilibrio termico instabile, ed approfittano della minima sollecitazione (termica) per deformarsi, cioè per allontanarsi dalla forma, instabile, frettolosamente conferitagli (e di malavoglia assunta). Il presidente della Mobile Fidelity, Herb Belkin, consiglia di fare il seguene esperimento: prendete un vecchio LP che non vi va più di ascoltare, e versategli addosso una caraffetta di acqua bollente. Lo vedrete accartocciarsi su se stesso, il che è prova di instabilità intrinseca.

Il disco pesante
Questa instabilità è industrialmente accettata, per esempio nella fabbricazione dei bicchierini di plastica da picnic, che si gettano via invece che metterli in lavatrice. Non può essere invece accettata in un prodotto sì delicato, e d'altissima precisione quale il disco genuinamente high fidelity. Ebbene, oltre alla scelta d'un materiale d'alto grado (Super Vinile, vale a dire vinile vergine al 100%), ciò che è necessario per un disco di precisione, elasticamente morto (non risonante) e termicamente stabilizzato, è un ciclo termico prolungato, ed una quantità di materia, al di sotto della quale non è possibile garantire tutte le altre qualità. Un disco qualsiasi, a ciclo termico rapido, pesa sì e no 100 g. I dischi di prossima produzione della Mobile Fdelity, stampati nello speciale impianto della JVC di Yokohama, peseranno 180 g e proverranno da un massello di ben 210 g (invece che da palline di granulato). Ma la stabilità definitiva proverrà da un ciclo termico di ben 300 s (5 minuti). Inoltre lo spessore del disco è maggiore, per consentire l'incisione di solchi profondi tre volte più che il normale. In un supporto di tal calibro le facce del solco vanno viste come pareti assolutamente rigide, scolpite con assoluta precisione in modo da catturare ogni nuance sonora, ed in modo da garantire la perfetta relazione tra le fasi stereofoniche, capaci di reazioni meccaniche assolutamente elastiche, e quindi indeformabili dal punto di vista meccanico oltre che termico. Nel suo complesso il disco va visto come una massa inerte e stabilizzata, priva di colorazioni di risonanza. Si tratterà di un oggetto egualmente suscettibile ai graffi e alla polvere, però molto resistente all'usura. Esso nasce perfetto, viene consegnato perfetto nelle mani dell'acquirente (con tanto di garanzia), e rimarrà perfetto finché viene trattato con la dovuta cura. Al contrario dei dischi che ci sforziamo di acquistare "sigillati", che poi hanno più difetti di natura che quelli comprati alla rinfusa. Secondo una raccomandazione del presidente Belkin, la notizia di questi dischi, che saranno posti in commercio a primavera, avrebbe doovuto rimanere riservata. Ma poi, il vicepresidente Gary Giorgi s'è mostrato più di manica larga, ed ha finito per farci omaggio di una paio d'esemplari fuori commercio. Uno di questi contiene il Bolero di Ravel diretto da von Karajan, ed è di particolare importanza, perché così lo possediamo in tre versioni (della Mobile Fidelity). E cioè nella versione attualmente in commercio (110 g, ciclo termico di 90 secondi), nella nuovissima versione in cassetta (di cui vi parleremo fra breve), ed infine in questa edizione da 180 g. Ebbene, il Bolero di Ravel è uno di quei brani che si ascoltano con attenzione una sola volta nella vita, perché se ne impara subito il motivetto. Discograficamente parlando, poi, è un'opera improba, perché si tratta di un crescendo continuo, che nasce da un pianissimo, che diventa un fortissimo in maniera estremamente graduale, cioé nell'arco di ca. 20 minuti. Normalmente il pianissimo viene alzato, perché si confonde con il rumore superficiale del disco, mentre il fortissimo viene abbassato di livello per evitare escursioni troppo violente della puntina. E così il Bolero discografico non ha più niente a che fare con la partitura di Ravel, che è un continuo sviluppo dinamico, armonico e timbrico. Ad ogni refrain intervengono nuove sezioni strumentali ed il tema, che sembra sempre monotonamente ripetuto, s'arricchisce invece di finissime varianti. Ebbene, in queste tre edizioni della Mobile Fidelity, finalmente il Bolero diventa un pezzo da dimostrazione, da ascoltare e riascoltare con vero interesse musicale, come si trattasse di un'inedita gemma da scoprire e riscoprire. E lo è. La prima volta che l'abbiamo ascoltato, nell'edizione da 180 g, in una stanzetta semisegreta del Jockey Club di Las Vegas, non ci siamo assolutamente accorti dell'inizio del disco: il pianissimo era tanto lieve che sembrava suonato nella stanza accanto, e solo dopo diverse battute ci siamo accorti che il suono proveniva dal disco che girava sotto i nostri occhi.

Le cassette "Original Master Recording"
Non abbiamo ancora terminato il discorso sui nuovi dischi high fidelity, tuttavia a questo punto dobbiamo dire che il colpo grosso a Las Vegas la Mobile Fidelity l'ha fatto nel campo delle cassette, lanciando le cosiddette "Original Master Recording High Fidelity Cassettes". Si tratta di cassette esoteriche, prodotte con la stessa cura dei dischi. Innanzitutto è stato utilizzato un supporto di sicuro affidamento, e cioè la cassetta BASF Professional ii al biossido di cromo ad alta polarizzazione (high bias), che offre una superba risposta in frequenza, una particolare sensibilità nella zona critica degli alti (tra 10 e 20 kHz), con un runore di fondo estremamente basso. La parte meccanica, poi, è del tutto originale ed offre le massime garanzie anti wow e anti flutter.
Ma l'esoterico di queste cassette non si ferma al supporto: esse vengono trascritte una per una dal nastro master originale (quello che le grandi case discografiche tengono in cassaforte), negli speciali impianti della Mobile Fidelity di Chatsworth (California), con un processo di duplicazione in tempo reale (1:1. Per vostra informazione le cosiddette "musicassette" (o, più in generale le cassette "preregistrate") si ottengono inviando una copia di terza o quarta generazione del master originale ad un laboratorio periferico specializzato, che prende in appalto l'intero processo di moltiplicazione ad alta velocità, sul supporto più economico reperibile in commercio. Le cassette Original Master Recording della Mobile Fidelity sono inoltre codificate Dolby, e tirate in edizione ovviamente limitata.
Secondo Gary Giorgi, queste cassette costituiscono un approccio al master originale addirittura superiore ai loro dischi Original Master Recording da 110 g e 90 s di lavorazione, mentre i dischi da 180 g e 300 s di ciclo termico sono destinati a costituire uno standard superiore a quello delle cassette, I prezzi aumentano di conseguenza. Per quanto riguarda il nostro giudizio, al momento di scrivere questo articolo abbiamo fatto a tempo ad ascoltare, nel nostro laboratorio ed in condizioni critiche, solo la cassetta dei Pink Floyd "The Dark Side of the Moon", che rivela una dinamica veramente straordinaria.
Orbene, noi non vogliamo suggestionare nessuno (sembra vero!), ma nei nove anni di vita di Audiovisione abbiamo constatato che il sogno di colui che ha investito una fortuna in un impianto high fidelity, o è disposto a farlo alla prima occasione, è quello di avere accesso ai nastri originali e farsene una copia a regola d'arte. Sia ben chiaro: una copia di prima generazione. Ebbene, direi che questo sogno è ora realizzato, e queste cassette, essendo realizzate in specialissimi laboratori, in teoria potrebbero essere superate solo da copie professionali a 38 cm/s. In pratica, risultati migliori si possono attendere solo dall'avvento del PCM.

Ken Kreisel e "DBX"
La validità cncettuale del disco "pesante" a ciclo termico lungo è implicitamente confermata dal fatto che un po' tutti i fabbricanti di dischi esoterici sono orientati a percorrere la stressa strada. Abbiamo già visto che il discorso della Mobile Fidelity conferma in pieno le temerarie asserzioni della YSL of Japan, in particolare a proposito del cosiddetto Super Vinile e dei mirabolanti impianti di stampaggio della JVC di Yokohama. Ad essi si aggiunge la voce di Ken Kreisel che, come c'era d'aspettarsi, rincara la dose con un'ardita variante: entro la primavera usciranno i dischi pesanti, a strato spesso e a ciclo termico lungo della spettabile Miller&Kreisel, fabbricati in Super Vinile a cura dell'altrettanto spettabile JVC di Yokohama ma, attenzione, a 45 giri e codificati "DBX".

Una Limited Edition 20 Bit digital remaster di Ken Kreisel
I vantaggi dell'incisiione a 45 giri sono noti ed evidenti: a velocità maggiore le lunghezze d'onda s'allungano e le accelerazioni si riducono, diminuisce quindi lo stress dello stilo incisore (nonché del diamante di lettura), a tutto vantaggio della precisione di taglio della lacca, e quindi della dinamica e della separazione stereofonica, a vantaggio altresì dell'abilità di tracciamento della puntina. Direte che tutto ciò è a svantaggio della durata del programma, ma qui Ken Kreisel gioca la sua carta più alta: la codificazione "DBX"introduce una curva d'equalizzazione virtuale supplementare alla curva d'equalizzazione RIAA, che contribuisce alla riduzione delle ampiezze di modulazione analogica a bassa frequenza. Il che consente di infittire i solchi e recuperare la durata. Approfittiamo dell'occasione per ricordare che, al contrario della YSL e della Mobile Fidelity, la Miller&Kreisel produce in proprio registrazioni originali, utilizzando un sistema PCM Sony codificato a 16 bit. Queste registrazioni possiedono in partenza una dinamica ed una risposta a bassa frequenza nettamente superiori a quanto di meglio possa essere prodotto con l'analogico (vedi l'articolo "Sanyo PCM Processor" in AV/56-81). Per trasporre queste caratteristiche intrinsecamente trascendenti del PCM in un solco analogico, bisogna fare i conti con le maggiori ampiezze dovute all'effetto congiunto della dinamica e dell'estensione a bassa frequenza. La scelta dei 45 giri e della codificazione "DBX" è quindi estremamente ragionevole, ed infatti egli afferma che solo così si può ottenere su disco il miglior approccio all'originale in PCM. È pertanto da prevedere che l'uso del "DBX" si generalizzi, e segnaliamo ai nostri lettori l'opportunità di procurarsi sin d'adesso l'apposito decodificatore. Ed infatti, in attesa dei dischi pesanti a 45 giri, esiste già un catalogo di dischi codificati "DBX" (vedi per esempio l'elenco pubblicato in "Audio Time" di gennaio, da richiedere gratuitamente all'Audio Consultants). Che poi infine il problema dei dischi sia d'interesse generale, destinato ad essere affrontato a breve scadenza da tutte le case, è dimostrato dalla CBS che, in maniera estremamente discreta, ha trovato modo di presentare a Las Vegas un suo sistema di codificazione originale, che ha intenzione di applicare a tutti i dischi di sua fabbricazione, avendo dato licenza di fabbricazione del relativo decodificatore ad una grossa ditta giapponese, per quanto riguarda il mercato di massa, e all'Audionics per quanto riguarda il "top end" dell'high fidelity.

(Grafici originali di Audiovisione. Foto Google di pubblico dominio. Click per ingrandire)