domenica 9 ottobre 2011

Nascita dell'uomo neoterico. Parte 1a

Di Marino Mariani

Amore nel mondo tra il fiore e l'insetto

Quando lessi per la prima volta che, originariamente, l’uomo era un animale roditore che viveva sugli alberi e si nutriva di frutta e noci, pensai: quanto sono bravi gli scienziati, chissà quante ricerche avranno fatto per ricostruire il passato dei nostri progenitori e tracciarne l’immagine di come appariva milioni di anni fa. Ma qualche tempo dopo, ragionando sull’alimentazione umana, feci questa osservazione: l’uomo non ha, e non ha mai avuto, né artigli né zanne per combattere contro gli altri esseri che popolavano il nostro pianeta. Non avrebbe potuto uccidere e divorare neanche le miti pecorelle, i coniglietti e i maialini. Non avrebbe potuto brucare l’erba delle praterie: per digerirne la cellulosa avrebbe dovuto possedere lo stomaco multiplo dei ruminanti, Che cosa gli rimaneva se non rifugiarsi sugli alberi e nutrirsi di frutta e noci? E cosi, con un ragionamento della durata di un lampo ho trovato la stessa risposta che avrebbe richiesto anni ed anni di ricerche. Quindi, escludendo che questo progenitore dell’uomo potesse essere carnivoro o erbivoro, la sua giusta denominazione è quella di animale frugivoro, che significa: mangiatore di frutta. Il suo habitat naturale era quello degli alberi che gli davano da mangiare. Naturalmente, col passare di almeno una ventina di milioni di anni, questo esserino arboricolo ha subito trasformazioni. Ad un certo momento deve aver scoperto il fuoco e la sua utilizzazione per la cottura dei cibi: la cottura dei cereali (grano, riso, granturco…), delle leguminose (fagioli, ceci, lenticchie…), di certe euforbiacee (cassava, tapioca, manioca…): una quantità sterminata di generi alimentari che, per essere correttamente digeriti, hanno bisogno della cottura. La quale non serve solo ad ammorbidire l’alimento, ma provoca alcune trasformazioni essenziali: rende solubile l’amido dei cereali, elimina il fattore inibitore della tripsina nelle leguminose, neutralizza l’acido prussico nella cassava…Con la conquista di questo impero alimentare il progenitore dell’uomo, non essendo più legato a determinati alberi da frutta, né a particolari tipi di habitat, poteva partire alla conquista del pianeta. Nessun altro animale può sopravvivere e prosperare in ogni parte del mondo, ognuno è legato al proprio sito originario. L’uomo, invece…. L’uomo, invece, si trova nel paradiso terrestre, ed il pianeta sembra fatto su misura per lui. Tutte le calorie che gli servono per sopportare carichi di lavoro che, con l’utilizzazione delle macchine diventano sempre più lievi, gli vengono fornite dai vegetali di cui ha imparato la cottura, mentre tutte le preziose sostanze che gli assicurano salute e benessere, e cioè le vitamine ed i sali minerali organici, gli vengono fornite dalle verdure e dalle frutta, da piante modeste come carote, cavoli ed insalate, praticamente spontanee, praticamente gratuite. Buona parte delle quali possono essere mangiate crude, senza perdita alcuna delle loro sostanze vitali. Molte leggende sostengono che l’uomo è stato cacciato dal suo paradiso terrestre e costretto ad una esistenza di pene, stenti e sofferenze, ma in realtà l’uomo seguita ad abitare nel paradiso terrestre, ma lo ha trasformato in un ambiente ostile, invivibile. Quando sono nato io, non milioni di anni fa, ma solo un’ottantina, il pianeta godeva del sereno succedersi di quattro stagioni, e non solo i poeti e gli artisti salutavano il risveglio della primavera, ma anche noi bambini sentivamo l’aria che s’intiepidiva, la natura che s’adornava di fiori e di fronde, il pigolio degli uccellini nei loro nidi, il ritorno delle rondini nei nostri cieli. Oggi le stagioni sono scomparse, e ciò che avviene di norma, è un continuo succedersi di catastrofi naturali.

Il primo giorno di primavera in una Terra Neoterica

Perché questa rivolta della natura contro l’uomo e contro tutti gli abitanti della Terra? Ma, in realtà, è l’uomo che si è volto contro la natura quando, per la prima volta, ha ucciso un animale e, con l’aiuto del fuoco, ne ha mangiato il cadavere. Fu un peccato? No, sì, forse, ma comunque un grande errore, le cui funeste conseguenze hanno cominciato a manifestarsi centinaia di migliaia, o milioni d’anni dopo. E che comunque hanno raggiunto il parossismo adesso, forse l’ultimo momento utile per fermarsi ed invertire la marcia. Con la conquista del fuoco l’uomo divenne capace di ingerire la carne degli animali uccisi, e da quel momento i libri di testo lo dichiarano omnivoro, cioè anche carnivoro, oltre che vegetariano del tipo frugivoro. Ma… c’è un ma: il suo apparato digerente non passa l’esame per ottenere la patente di carnivoro, risultando troppo lungo. Infatti la lunghezza del dotto digerente di un carnivoro è tre volte maggiore del tronco, mentre, nell’essere umano, questo rapporto è pari a dodici. Quattro volte troppo lungo, dunque, per essere un carnivoro. Ma che importanza ha la lunghezza dell’apparato digerente nell’alimentazione dell’uomo e degli altri esseri viventi? Per rendersene conto basta pensare che prima del primo boccone di carne il cibo dell’uomo consisteva esclusivamente di sostanze “vive”, capaci di crescere e riprodursi. Tali sono tutte le frutta, peperoni, patate e pomodori…I cereali trovati dopo secoli o millenni nelle anfore delle navi romane affondate nel Mediterraneo sono ancora capaci di germogliare, e lo stesso vale per fagioli, ceci e lenticchie.


Con la cottura l'uomo dispone di riserve alimentari infinite


Celebri sono i romanzi d’avventura in cui il protagonista si trova abbandonato su un’isola deserta, e si trova in tasca un chicco di grano dal quale….Gli alimenti vegetali non vanno in putrefazione durante il processo di digestione, la carne sì, e per questo gli animali carnivori hanno un intestino molto corto. Nell’apparato digerente dell’essere umano la carne va in putrefazione. Ilya Metchnikoff (premio Nobel 1908) affermò che “È la putrefazione alimentare la responsabile delle morti premature, che è causa di tutte le malattie, perché questi veleni, altamente pericolosi, passano dal canale alimentare nella linfa e nel sangue, e da questi sono condotti in tutte le parti del corpo: il fegato, i polmoni, i reni, il cuore ed il cervello”. In epoca attuale, il dottor Austin Flint, del Bellevue Hospital College, uno dei più importanti medici d’America, ha fatto un’analisi chimica del brodo di manzo ed ha scoperto che il risultato era praticamento lo stesso di un’analisi dell’urina: “È inevitabile che sia così, perché il brodo di manzo, il brodo di carne, il brodo di pollo, il bollito e gli estratti di carne di tutti i tipi sono vere e proprie miscele di tessuti disintegrati, preparati artificialmente, proprio come l’urina, che è composta da tessuti disintegrati prodotti dal metabolismo del corpo”. E seguita: “La carne si decompone nel tratto digestivo, il veleno risultante viene assorbito e il sangue contaminato, con risultati disastrosi. Questa è la causa primcipale che predispone al cancro, alla tisi e ad altri tipi di malattia”. Se le infauste conseguenze di un’alimentazione di tipo animale (invece che esclusivamente vegetale) ricadessero soltanto sul singolo individuo, potremmo dire: “Caro mio, peggio per te!”, come potremmo dire a chi fuma, beve e si droga. Ma oramai il disastro è, senza esagerare, di dimensioni planetarie: secondo una stima di vent’anni fa, un quarto delle terre del nostro pianeta è occupato dagli allevamenti di bovini. Più di un miliardo pascolano nei cinque continenti. Il 70% dei cereali prodotti in America è destinato all’allevamento dei bovini, ma di fronte a 157 milioni di tonnellate di cereali utilizzati per il loro nutrimento vengono ricavati soltanto 28 milioni di tonnellate di carne, con un rendimento inferiore al 18%. Questi dati sono contenuti nel libro: “Beyond Beef: rise and fall of the cattle culture” di Jeremy Rifkin, il grande ecologo, tradotto in tutte le limgue (Das Imperium der Rinder in tedesco, Ecocidio in italiano). L’autore descrive le atrocità dell’allevamento e della macellazione di quelle povere bestie: Le quali, a loro volta, brucando l’erba senza posa, lasciano dietro di sé la devastazione delle antiche praterie naturali e delle foreste abbattute dalla punta estrema della Patagonia fino al Canada. Ed anche l’Africa è profondamente ferita dalla calamità di questi allevamenti, che oltre a provocare la desertificazione dei terreni, con i loro residui ed emanazioni contribuiscono all’inquinamento del mondo non meno, forse più, degli impiamti industriali.

Raccolta della cassava 

La gallina, Mater et Magistra del pollaio


Ma mentre l’inquinamento di questi ultimi è in fase di contenimento, in virtù dei progressi tecnologici e dei provvedimenti legislativi, gli allevamenti sono in continua crescita, ed una cortina di silenzio protegge i loro effetti distruttivi dal giudizio dell’opinione pubblica mondiale. Quando si lamenta la distruzione delle foreste amazzoniche, si tace che la deforestificazione viene effettuata per far posto ai branchi di bovini da macello, e che costoro lasciano dietro di sé una scia di terra bruciata. Ma oltre ai danni irreparabili arrecati al nostro pianeta, l’alimentazione animale arreca danni irreparabili all’uomo inteso come comunità e come individuo: i cereali destinati all’allevamento del bestiame e sottratti all’alimentazione umana creano la fame nel mondo. Mentre un’alimentazione contro natura crea malessere nell’uomo, diminuisce la sua vitalità, offusca il suo pensiero, lo degrada dal punto di vista morale. L’uomo è diventato l’assassino del creato, nei confronti degli altri animali e, principalmente, nei confronti dei propri simili. Ai tempi della mia giovinezza le guerre venivano dichiarate dopo uno scambio di note diplomatiche, poi di ultimatum ed il ritiro degli ambasciatori, infine con la creazione di un casus belli, e venivano combattute “al fronte”.Oggi le guerre non vengono mai ufficialmente dichiarate e vengono combattute nelle scuole, nelle chiese, nei mercati, nei treni, negli aeroplani. Ogni metro quadro è teatro di attentati proditori. La vita pacifica e contemplativa è resa impossibile. Per queste ragioni, quello che è stato definito “Homo Sapiens” va ridefinito come “Homo Inferior quia Necrofagus” (Uomo inferiore perché mangiatore di cadaveri) ed è il più astuto e pericoloso avversario dell’umanità. Una sorta di giustizia cosmica fa sì che l’uomo applichi su se stesso un codice di autodistruzione. Tanti, tanti anni fa, forse venti o trenta, girando tra i canali televisivi, vidi gli ultini secondi di un un documentario di Folco Quilici, che si concludeva con queste parole: “Quando la razza umana si sarà estinta, il nostro pianeta tornerà a rifiorire”. Lo stesso Konrad Lorentz (premio Nobel 1973), fondatore dell’etologia, era convinto che questo non fosse il vero uomo, ma un essere effimero, destinato all’autodistruzione. I profeti dell’autodistruzione sono abbastanza numerosi e adducono le più svariate motivazioni come causa del loro catastrofismo. Buona parte di essi condanna le atrocità nei confronti degli animali da macello ed è lesta ad autoproclamarsi “vegetariana”. Ma, forse in buona fede, cioè senza rendersene conto, quasi il 90% di costoro sono “pseudovegeriani”, cioè gente che dichiara di non mangiare carne, ma seguita a nutrirsi di latte e uova.
Riserve iniziali del chicco di grano

L'imperatore Meiji introdusse il latte nel rancio
dei militari giapponesi per incattivirli


E con ciò crede di aver messo a posto la propria coscienza, trasferendosi in una realtà immaginaria, tanto arcadica quanto illusoria, quella di una famigliola di campagna che possiede, attorno alla casetta, un pezzo di terra in cui pascola quietamente qualche mucca e razzolano una o due dozzine di gallinelle. La sera le mucche vengono munte, ed al mattino si vanno a raccogliere le uova nel pollaio. Ma questo scenario di pace pastorale è una vera e propria, sia pur benigna, allucinazione. Un essere femminile produce il latte quando è in attesa di un parto, e questo liquido materno è la dote e il presidio con cui il neonato viene introdotto alla vita. Nella vita reale, in questo tipo di società che si è stabilita nel nostro pianeta, giornalmente vengono prodotte migliaia di tonnellate di latte da parte di mucche che ignorano l’esistenza, nel loro genere, dell’essere maschile, e che vengono tenute artificialmente in uno stato di fecondazione permanente. Che vengono munte meccanicamente e controllate a verifica che la loro produzione sia conforme alle tabelle di marcia fissate industrialmente. Il latte da loro prodotto è ricco non solo di grassi saturi e di ormoni, ma anche di tutti i disinfettanti e medicinali loro propinati a titolo preventivo. E questi esseri sventurati sentono non solo la vanità della loro esistenza dovuta all’assenza della controparte maschile, ma, soprattutto l’insoddisfatto anelito alla maternità: produrre quintali di latte senza partorire un vitellino da leccare, da allattare, da proteggere e guidare ….In tutto il cosmo il latte è il bianco passaporto che l’esserino porta con sé ed esibisce all’ingresso nella vita. Nell’universo non siamo tutti mammiferi. Non tutti gli esseri viventi hanno ricevuto il loro benvenuto dal seno materno. Ma un principio generale, facilmente verificabile, stabilisce che tutti i candidati alla vita ricevono dalla natura una buonentrata da consumare una sola volta, e cioè nel periodo in cui l’organismo del neonato ancora non è atto ad autosostentarsi, non essendo ancora provvisto degli organi destinati a tale bisogna. Persino le creature vegetali vengono provviste dalla natura di questo ausilio iniziale. Chi prepara in casa i germogli (per esempio: di soia) vede che sin dalla prima innaffiatura spuntano i primordi delle foglie e delle radici che traggono nutrimento dal materiale organico contenuto nel seme stesso. Nella vita di una pianta questo è un momento unico, perché i vegetali si nutrono esclusivamente di materiale inorganico, come gli esseri viventi (gli animali) si nutrono esclusivamente di sostanze organiche. Proseguendo l’osservazione della germinazione dei semi di soia, si vede che dopo qualche giorno le radici si sono sviluppate a tal punto che la piantina va raccolta come germoglio, oppure interrata affiché le radici possano assorbire i minerali del terreno di cultura, e la pianta non sarà più in grado di assorbire sostanze organiche, e l’aiuto iniziale avrà esaurito il suo compito.

Tutti i colori della Primavera Neoterica

Quando vediamo in autostrada un’autocisterna adibita al trasporto del latte, questo liquido non ha più nulla a che fare con le sacre goccie stillanti dal seno materno. Il latte delle autocisterne è una sostanza ben più pericolosa di un carico di scorie nucleari. È un liquido contro natura perché destinato all’alimentazionen di esemplari adulti di un genere animale diverso, mentre la natura lo riserva ai piccoli dello stesso genere. Alla fine dell’800 l’imperatore Meiji, dopo secoli di dominazione dello Shogun, riportò la Monarchia al potere in Giappone, ed intraprese un’opera di modernizzazione del paese, per troppo tempo rimasto chiuso nel suo isolazionismo. A tal uopo importò specialisti da tutto il mondo occidentale: medici, chimici, ingegneri, finanzieri, banchieri, giuristi, specialisti, professori, artigiani ed artisti di ogni genere. E, non da ultimo, esperti militari di tutte le armi. Su parere di quest’ultimi introdusse nel rancio dei soldati una sostanza praticamente ignorata in Giappone: il latte. Allo scopo di “incattivire” i soldati, farli diventare spietati come gli inglesi. Agli occhi degli osservatori che volevano osservare ad occhi aperti, e trarre conclusioni dalle loro osservazioni usando il metodo deduttivo, il latte più che un alimento adatto alla nutrizione, si dimostrò un fattore peggiorativo del carattere umano. Ed infatti, a tutt’oggi, il latte e i latticini sono rimasti estranei alla cucina classica giapponese. Queste osservazioni sul latte fatte in Giappone diedero risultati inaspettati ed evidenti perché nei paesi occidentali il latte era stato introdotto nell’alimentazione da tempi immemorabili, e quindi le alterazioni da esso provocate, essendosi diluite nei secoli, passavano inosservate. Mentre in Giappone, come abbiamo visto, il terreno era ancora vergine. Tuttavia, nell’ultimo secolo, la diffusione del latte e dei prodotti lattiero-caseari ha subito un’accelerazione tale che i suoi effetti sono diventati devastanti ed osservabili in ogni scala d’osservazione. Io non sono nato nella notte dei tempi, solo un’ottantina di anni fa. E come ho fatto varie volte osservare, quando sono nato io la parola “osteoporosi” neanche appariva nei vocabolari. È la ben nota malattia che consiste nella trasformazione delle ossa che, per perdita di calcio, diventano porose. Nelle donne la manifestazione più frequente è la frattura del femore. Negli uomini è la caduta dei denti. Il latte (ed i latticini) vengono spacciati come generose fonti di calcio alimentare, ma in realtà latte e latticini sono alimenti “acidificanti”, e sottraggono calcio alle ossa e ai denti, invece che rifornirli di questo elemento, che è, tra l’altro, il quarto più abbondante sulla terra. Inoltre il latte è, di regola, parecchio indigesto, ed invece di invitare a non consumarlo, la tendenza è quella di colpevolizzare coloro che non lo tollerano, e a propagandare tipi di latte “ad alta digeribilià”. Le statistiche parlano chiaro: la crescita del consumo del latte non è accompagnata da nessun miglioramento, ma solo dal peggioramento di ogni tipo di statistica, dalla salute alla delinquenza, alla litigiosità, all’intolleranza religiosa ed ideologica. E persino il tracollo dell’economia mondiale e delle condizioni climatiche del pianeta seguono fedelmente l’aumento della diffusione del latte e dei latticini. I consumatori di latte e formaggi che si autoproclamano vegetariani, si autoconsolano affermando che: “Almeno noi non vogliamo la morte dell’animale, ci limitiamo a raccogliere quello che la mucca stessa produce come alimento”, secondo un’antica istanza induista. Sfortunatamente l’allevamento delle mucche da latte avviene nelle abituali atroci condizioni vigenti nell’industria per cui, per queste povere bestie, inutilmente sacrfiicate, la morte non sarebbe l’alternativa peggiore. Anzi, forse, una liberazione. Ed a proposito dell’atrocità degli allevamenti, non mancano i riferimenti ai campi di sterminio nazisti. E c’è l’insinuazione che il popolo tedesco, non ostante le unanimi dichiarazione, non ignorasse l’esistenza di quei campi. D’altra parte i sopravvissuti dei campi sono unanimi nell’affermare di essere stati abitualmente sorvolati dalle formazioni di due o tremila bombardieri anglo-americani che dalle basi di Francia e Inghilterra andavano ad atterrare in Romania, dopo aver sganciato il loro carico di bombe sulla Germania. E poi c’erano gli aerei da ricognizione e la caccia pesante che volava a volo radente per neutralizzare le difese antiaeree. Ed i prigionieri invocavano gli aerei alleati affiché bombardassero le loro prigioni: nel trambusto qualcuno di loro sarebbe fuggito e gli altri avrebbero trovato la pace della morte. In definitiva le atrocità dei campi di sterminio si convenne di rivelarle dopo la fine della guerra, come se questi fossero stati scoperti per caso, passando nelle vicinanze. Ebbene, gli pseudo vegetariani si rendano conto, prima che sia troppo tardi, che le atrocità degli allevamenti delle mucche da latte sono uguali alle atrocità degli allevamenti dei bovini da macello, ed è completamente inutile e controproducente manifestare indignazione, quando l’unica misura da adottare è semplice: astenersi dal consumo di latte e latticini. Non è facile, visto che la televisione e gli altri mezzi di comunicazione non fanno altro che esaltare le virtù di questo alimento, definito come necessario alla crescita dei bambini ed alla prevenzione dell’osteoporosi. Ma le stesse accuse di atrocità vanno rivolte ai produttori di uova. Anche qui le povere bestiole sono deprivate di tutte le funzioni vitali e costrette ad uno stato di perpetua gravidanza.

Quando l'Homo Necrofagus sarà estinto la Terra rifiorirà

Quando ero un ragazzino per diversi anni ho abitato in paese, ove anche noi avevamo un pollaio, in cui spiccava la figura fiabesca della chioccia guidatrice di una nidiata di pucini, che trovavano ricovero sotto la sua ala protettrice. Ridendo e scherzando la gallina riveste un ruolo del tutto singolare nell’ambito di tutta la storia naturale: se è ben noto il coraggio e l’abnegazione con cui ogni madre difende la sua figliolanza dalla tigre alla gatta, da mamma elefante a mamma cagnolino, la gallina guida, protegge e difende la figliolanza di tutto il pollaio, cioè di ogni pulcino nato dalle uova da lei covate, che non sono soltanto le sue proprie. Se qualcuno tra i grandi favolisti di tutti i tempi, da Perrault ai fratelli Grimm, da La Fontaine a Collodi, ad Andersen…avesse dedicato alla gallina l’enciclica “Mater et Magistra” avrebbe precorso di secoli quell’amore tra l’uomo e gli animali che, prima o poi, è destinato a trionfare. Ma le uova, a prescindere dal rapporto tra l’uomo e gli animali, fanno bene o fanno male? Il rosso d’uovo contiene una grande quantità di colesterolo, mentre il bianco ne è completamente privo. Tutti gli opuscoli, tutto il materiale informativo ufficiale relativo ad una sana alimentazione distribuito anche nelle scuole è concorde e tassativo nell’affermare che la quantità massima consentita è quella di due uova alla settimana per ogni individuo di ogni età. Questa quantità, se fosse rispettata, non sarebbe in grado di nuocere alla salute umana e non costituirebbe alcun periglio ambientale. Se venisse rispettata. E se venisse veramente rispettata il fabbisogno mondiale sarebbe facilmente coperto dalla produzione familiare sul tipo di quel pollaietto degli anni quaranta di quando la mia famiglia abitava in paese. E non ci sarebbe alcuna opportunità di istituire fabbriche dell’orrore in cui segregare questi innocui animaletti. Ma, invece che limitarsi a queste quote di sicurezza, il consumo mondiale è infinitamente maggiore, e le fabbriche dell’orrore lavorano a pieno ritmo anche sulle galline da cova! A questo punto concludo che sul capo di quell’esemplare della razza umana che va definito come “Homo Sapiens sed Inferior quia Necrofagus” convergono tutte le accuse di questo mondo: la sua macabra alimentazione ha determinato la degenerazione del caratterre umano cancellando ogni tendenza verso la fratellanza, tolleranza e cooperazione non solo a livello internazionale, ma raggiungendo persino il livello familiare. Questo significa che il nemico di ogni individuo di questa specie non sta solo oltre confine, ma si annida anche entro le mura di casa propria. Le statistiche sulla durata della vita in tutto il mondo sono in aumento per merito di tutti gli agi introdotti dal progresso. Quand’ero piccolo mia madre mi faceva indossare, sotto la camicia, due maglioni di lana a maniche lunghe, ed avevo sempre i geloni alle mani ed il naso che colava. Ma a vent’anni, quando ho conosciiuto mia moglie svizzera, che non portava nessun tipo di maglietta, anch’io ho smesso di colpo di ricoprirmi di lana ed ho immediatamente acquisito una salute di ferro, ma in quel ventennio a casa nostra avevano fatto ingresso l’acqua calda corrente ed i termosifoni. Sì, il progresso esiste e verrà il millennio in cui l’essere umano sarà signore dell’Universo conosciuto ed avrà debellato il suo vero nemico: la morte. Ma quell’essere umano non sarà il mangiacadaveri Homo Inferior quia Necrofagus, bensì un Homo Sapiens enim Superior quia Neotericus. In cui il vocabolo “Neoterico” è un termine pomposo, classico, neoclassico, romantico e verista che significa semplicemente “nuovo”, ma con l’implicito sostegno di vari attributi, come: attuale, moderno, innovatore, al passo con i tempi…ed anche: precursore, antesignano, vaticinatore. Si chiamavano neoterici, così li battezzò ironicamente Cicerone, i poeti latini del tempo di Cesare che ripudiavano le usanze degli antichi con tutti  i loro poemi epici scritti ad esaltazione degli eroi mitologici, mentre loro si dedicavano alla composizione di brevi ed eleganti poemetti, che si distinguevano per le loro triplici caratteristiche: brevitas, labor limae atque doctrina. E cioè: concisione, perfezione formale e sapienza (mitologica, geografica, linguistica e scientifica). Se il loro contenuto era lieve, nel senso che prendeva spunto non dalla venerazione di una dea ma dall’amore per la ragazza della porta accanto, e da fatti di cronaca ed anche da pettegolezzi e maldicenze invece che da tradizioni mitico-storico-epiche, la forma, come abbiamo detto, era impreziosita da un lungo lavoro di lima. Il maggiore di questi poeti è Catullo, l’unico la cui opera, in forma di una raccolta di brani di varia lunghezza, numerati da 1 a 107, è giunta sino a noi, mentre gli altri sono totalmente scomparsi, lasciando soltanto citazioni da arcane fonti e sporadici frammenti. Ebbene, per l’uomo neoterico che nasce quest’oggi ho pensato a lungo ad un decalogo che, come dice la parola stessa, è una raccolta di dieci comandamenti da osservare con scrupolo allo scopo di realizzare le finalità del movimento. Ne ho trovato subito uno, mentre gli altri nove li ho cercati invano. Ma poi ho capito che l’uomo neoterico non ha bisogno di un intero decalogo, ma di un solo comandamento che è questo:
 L’uomo è il fratello maggiore degli animali: li ama, li rispetta e li difende

Tradizionalmente l'uomo e gli animali si dividevano la fatica nei campi
(Giovanni Segantini: Ritorno al Villaggio Nativo)

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