giovedì 30 maggio 2013

L'Appassionata e le piccole Imperatrici

Di Marino Mariani

Moderna Musa di Tony Morton

Sono immerso nel mondo musicale, in particolare pianistico, sin dalla nascita, e forse anche prima. Infatti nonna Adele mi raccontava che, quand’era incinta di me, mia madre studiava il piano sei ore al giorno, e qualcuno sostiene che in futuri bambini, dalla pancia della mamma, sentono tutto. Il cavallo di battaglia di mia madre era la Ballata n.1 op.23 di Chopin, ed io, se dicessi che la ricordo nota per nota, rimarrei molto al di sotto della realtà. Ogni volta che la sento, “rivivo” ogni sobbalzo di mia madre sul seggiolino, ogni contrazione muscolare, lo slancio con cui si avventava nell’interminabile sequenza finale di ottave che noi, in famiglia, chiamavamo “la risata”. Non ho fatto una carriera musicale semplicemente perché, da bambino, vivevo nella musica, anzi “convivevo” con la musica, ma non l’amavo, e fui ben lieto quando, entrato in ginnasio dopo le elementari, mi liberarono dall’obbligo di studiare il pianoforte. Naturalmente, da grande, sorse il rimpianto…Ma. tanto per contenere questo racconto nelle giuste dimensioni di un articolo di giornale e tenendo pur conto che questo giornale ha per scopo quello della grande orologeria e non quello della musica classica, facciamo un saltino di mezzo secolo…abbondante. Ci fu, nella mia vita, un’improvvisa, inaspettata rinascita allorché, qualche anno fa, volli far ascoltare ad un mio amico la “Campanella” di Paganini-Liszt da me scaricata da internet, nell’esecuzione di Arturo Benedetti Michelangeli. 

Sconfinati orizzonti 
Lì per lì non la ritrovai, e quindi seguitai la ricerca su YouTube, ove inaspettatamente mi sono imbattuto in una Campanella suonata nientemeno che da Ferruccio Busoni, il mostruoso pianista italiano morto nel 1924. Mi aspettavo una registrazione arcaica del suono, ed invece mi trovai di fronte ad una fantasmagoria musicale strepitosa e scintillante. Rimasi stupito, ma poi capii che si trattava non di un’incisione discografica, ma di un rullo perforato per pianoforti automatici Welde Mignon. Nel frattempo il cursore s’era fermato su una Campanella suonata da Valentina Lisitsa. E così conobbi per la prima volta questa prodigiosa ed avvenente pianista ukraina. Ancora mi domando come mai né io né i mei amici non l’avessimo mai sentita prima d’ora. Ma presi atto del fatto che la lettura delle recensioni dei dischi, ed anche dell’annuario della Penguin Book, era diventato completamente inutile, e che la vera ricerca andava fatta su YouTube, il luogo del Web in cui si trova anche l’introvabile. Anzi, specie l’introvabile: poco fa, senza nessuna speranza, ho cercato il nome di Carlo Zecchi, ed ecco spuntare una manciata di sue registrazioni degli anni trenta e quaranta, cioè del periodo in cui tutti gli amanti di musica pianistica lo sentivano suonare nei concerti ed alla radio, e lo reputavano il rivale più accreditato di Arturo Benedetti Michelangeli. Poi sparì dalla circolazione, e si sussurrava che avesse avuto un incidente che gli aveva fatto perdere l’uso di una mano o di tutte e due. E circolava anche la voce che stava benissimo, ma per riscuotere un’ingente assicurazione… Tutte voci, ma comunque, col tempo la gente si domandò se Carlo Zecchi era veramente esistito o se ce l’eravamo sognato. Non era un sogno: Lo ricordavamo come l’esecutore principe delle sonate di Domenico Scarlatti. E puntuale YouTube, con una qualità del suono incredibilmente buona, fa risorgere Carlo Zecchi, e non solo lui. Non conosco (ancora) i meccanismi del funzionamento di YouTube: chi gli manda tutto questo patrimonio musicale, e quanto durerà, prima che i pezzi che abbiamo registrato svaniranno senza preavviso? Nessun collezionista, nessun ricercatore ha a disposizione tanti brani musicali, alcuni rarissimi, alcuni giudicati inesistenti, quanti ne fornisce YouTube. Quello che sto scrivendo adesso riflette timori, esitazioni e perplessità degli anni passati, quando YouTube, per non ledere gli interessi dei discografici, trasmetteva brani della durata limitata a 10 minuti, e quindi non opere e sinfonie, ma solo frazioni di esse, che andavano ricostruite i base a perigliose operazioni di cucitura, la creazione di playlist. Poi la durata massima fu portata a 15 minuti, e tutt’a un tratto…all’infinito! Il navigatore di oggi si trova di fronte ad un universo musicale senza dimensioni misurabili: dalle dieci mirabili registrazioni della voce di Enrico Caruso effettuate l’11 aprile a Milano 1902, in una sala del Grand Hotel Spatz, da Fred Gaisberg per conto della Gramophone and Typewriter Company, ai più recenti fasti e nefasti musicali. Ebbene, ho quindi scoperto il filone delle piccole pianiste, spesso giapponesi e cinesi che, all’età in cui uno se le porta a cavalluccio sulle spalle, suonavano come…Busoni, Paderewski. Rachmaninoff!

Aimi Kobayashi suona l'Appassionata sullo Steinway della Philia Hall

Aimi Kobayashi 
Tra esse, la figura predominante era quella di Aimi Kobayashi, di Ube, prefettura di Yamaguchi (Giappone) un batuffolino alto alcuni centimetri, che si arrampicava a fatica su un seggiolino munito di pantografo che la portava all’altezza della tastiera dello Steinway, e poggiava i piedi su una cassetta di congegni che gli permettevano di agire sui pedali. Ebbene, all’età di tre anni eseguiva senza esitazioni una composizioncina giapponese ed uno studio di Bela Bartok della durata di pochi secondi. Le sue biografie affermano che la bambina fu introdotta allo studio del pianoforte all’età di tre anni: ma se a quella stessa età suonava in concerto, quando aveva trovato il tempo di studiare? Il mistero insolubile aveva una facile spiegazione: un spettatore di quelli che inviano commenti ai brani trasmessi su YouTube, spiegò che queste bambine sono la reincarnazione dei grandi autori del passato: Chopin, Beethoven, Schubert, Scarlatti,,,! Che sciocco, non ci avevo pensato. Ebbene, Aimi Kobayashi, che ora si avvia a compiere i 18 anni, all’età di cinque anni figura su YouTube per la sua esecuzione delle sei variazioni di Beethoven sul tema della Bella Molinara di Paisiello “Nel cor più non mi sento”. Infiniti pianisti e pianistoni hanno eseguito questo pezzo, ognuno condendolo con quel tipo di autocompiacimento che in lingua italiana si esprime con la parola “birignao”. L’esecuzione della piccola Aimi è assolutamente esente da ogni accenno di “birignao”. A sette anni ella esegue in maniera mirabile l’Improvviso op.90 n.2, che costituiva l’orgoglio della mia collezione, avendolo nell’esecuzione di Dinu Lipatti. Ebbene, Aimi lo batte per decisione e qualità del tocco, ed a questo punto non ho avuto più alcun dubbio che Aimi Kobayashi, già a quell’età appartenesse alla categoria di “migliore del mondo”, ove siede al fianco dei maggiori di tutti i tempi. Aimi Kobayashi, negli anni successivi, ha fatto più volte il giro del mondo invitata dalle maggiori istituzioni concertistiche, a cominciare dalla Carnegie Hall di New York, ed ha partecipato ad infiniti concorsi internazionali. Finalmente, due anni fa, e cioè all’età di sedici anni, Aimi Kobayashi ha eseguito un recital alla Philia Hall di Yokohama, una sala acusticamente allestita come una delle più avanzate del mondo, in cui ha eseguito la sonata n.23, op. 57 in fa minore di Beethoven, detta Appassionata. Per me questo fatto è importantissimo, perché, finalmente, mi consente di fare un confronto diretto con una sua illustre collega e rivale, Tiffany Poon di Hong Kong.


Tiffany Poon 

Nell’anno 2004 l’eminente professore Gary McPherson, uno specialista americano nello studio dello sviluppo musicale nei bambini, tenne una conferenza a Hong Kong. Al termine, recandosi in un ristorante, il professore si accorse di essere seguito da un signore, che era poi il padre di Tiffany Poon, che gli espose il caso di sua figlia, dotatissima nel pianoforte, che suonava a memoria, ma con una strana idiosincrasia per i suoi insegnanti, al punto di averli rifiutati, uno dopo l’altro, tutti e dieci! A questo punto le notizie in mio possesso si fecero lacunose, incerte ed ambigue, e mi portarono a confondere le carriere di due fanciulline: Tiffany Poon e Tiffany Koo, entrambe pianiste di eccezionale talento. Nella rivista “Famiglia Moderna”, progenitrice di “Orologi dal Mondo”, il 20 giugno 2011, scrissi un articolo intitolato: “Un Fazioli alla Juilliard School: suona Tiffany Poon”, contenente, appunto qualche errore. Errore che non sfuggì al professore Gary McPherson, che il 6 luglio dello stesso anno mi scrisse la seguente email:

Hi Marino,
The video of the 7 year old girl you have on the website isn't Tiffany Poon.
Tiffany is learning at the Juilliard School and comes from Hong Kong (not
California).
I'd be happy to answer questions and guide you with correct information if
you need any further information.  However, Tiffany Poon is now 14, studying
at Juilliard in New York and she comes from Hong Kong.
Gary

 Professor Gary McPherson
Ormond Chair of Music and Director,
Melbourne Conservatorium of Music
The University of Melbourne
Victoria 3010 Australia
......................................

Prof. Gary McPherson (foto.Brams Laboratory)












Ebbene, ciò chiarito, risulta che l’allora settenne Tiffany Po-on, a seguito del col-loquio tra suo padre ed il professor Gary  McPherson, fu invi-ata in America, a New-York, a studia-re presso la scuola di musica più celebre al mondo, la Juilliard School of Music, e che lo “specialista americano” di musicologia infantile è titolare di una importantissima cattedra all’Università di Melbourne, Australia. Ebbene, fortunata bambina, le cui doti naturali hanno trovato un padre voglioso e capace di coltivarle in modo ottimale. La fanciullina ha già fatto più volte il giro del mondo presso tutte le maggiori  istituzioni musicali, ed ultimamente, il 20 settembre 2012, ha vinto a Mosca l’ottavo Concorso Internazionale Frederick Chopin per giovani pianisti, eseguendo nella finale il concerto n. 1 di Chopin per pianoforte ed orchestra. In data ancor più recente, il 22 febbraio 2013, YouTube ha pubblicato il video di un recital tenuto da Tiffany Poon nella sala Claude Champagne presso l’Università di Montreal (Canadà) il 19 gennaio 2013. Il video ha la durata di un’ora e 58 minuti, durante il quale si alternano vari oratori tra cui il professor Gary McPherson, ed in cui Tiffany Poon suona diversi brani, tra cui un’Appassionata di Beethoven di valore cosmico. Ecco l’occasione che aspettavo da anni: avere due esecuzioni, di Aimi Kobayashi e di Tiffany Poon, di un pezzo serio, per poterle confrontare! Bene, io il confronto l’ho fatto, ma per poter pubblicare entrambe le Appassionate, affinché anche i lettori potessero emettere il loro giudizio, ho chiesto al mio tecnico se era possibile isolare l’esecuzione dell’Appassionata  dal video della durata di quasi due ore, Per un paio di settimane non ho avuto più alcuna notizia da parte del mio tecnico, ma dopo mi ha comunicato di aver risolto tutto: aveva caricato l’Appassionata di Tiffany Poon su YouTube, a mio nome, come se io possedessi i diritti di quell’esecuzione. Immediatamente ho scritto a “Brams Laboratory” di Montreal, scusandomi per il malinteso, ma ancora non mi hanno risposto. Quindi pubblico l’Appassionata di Aimi Kobayashi e di Tiffany Poon, col rischio di vederle cancellate da YouTube. Spero comunque di aggiustare le cose nel modo migliore.

La competizione tra Euterpe e Polimnia 
Le nove Muse. figlie di Giove e Mnemosine, hanno brillantemente sorpassato i limiti della mitologia pagana, e sono trionfalmente entrate nella nostra tradizione culturale come simbolo della più alta perfezione nelle varie espressione dell’arte e della scienza. Due di esse, Euterpe e Polimnia erano titolari dell’arte musicale sotto forma di canti, danze e partiture sacre e profane, e così le canta Orazio nella prima ode del primo libro delle Odi ed Epodi:

D’edera il serto, emblema dei poeti,
Mi porta in cielo. Il fresco dei boschetti,
Lievi cori di satiri e di ninfe
Dal volgo mi levar, seppur d’Euterpe
Il flauto sibilar e se Polimnia
Non fugge d’accordar Lesbica lira. 

Queste due Muse le prendo in prestito per definire la valentìa musicale di queste due giovinette: Devo subito dire che esse non sono sole nell’emergere come esponenti di una nuova scuola. C’è una massa di piccole pianiste che stupisce non solo per la loro “bravura” personale, ma per un modo di suonare che immediatamente ci comunica la sensazione che sia il modo giusto di suonare, cioè di esporre l’intima essenza del pensiero del compositore. Ci sono figure mitologiche nella storia del pianismo, che vanno da Steibelt, Stavenhagen, Clara Wick (moglie di Schumann) fino ai più recenti Ferruccio Busoni, Dinu Lipatti, Clara Haskil, Wladimir Horowitz…per non parlare dei pianisti hollywoodiani come Josè Iturbi, Oscar Levant…uno più bravo dell’altro: Ma vi faccio un esempio storico che illustra il mio pensiero: una volta il soprano Adelina Patti eseguì funambolicamente un’aria di Rossini di fronte a Rossini stesso, ed al termine Rossini scoppio in un frenetico applauso e domandò: “Favoloso, vorrei conoscere l’autore!” In linea generale il pubblico dei concerti, della radio e della televisione, per non parlare di coloro che acquistano i dischi dei loro interpreti favoriti, è pronto ad applaudire le bravure del suo beniamino, che seguano o no la volontà dell’autore che si esprime, accanto alle note, con le consuete notazioni del tipo: ppp–cresc-legato-morendo-vivace…nonché le varie indicazioni metronomiche. Al tempo del ginnasio e liceo, ci furono continue dispute tra i miei compagni di classe, la cui maggioranza sosteneva che l’interpretazione si fondava sulle varie interpretazioni che l’esecutore dava alle notazioni espressive, e che pertanto di un determinato brano le interpretazioni possibili erano molteplici. Io sostenevo esattamente il contrario, e cioè che l’interpretazione delle notazioni espressive andava fatta misurandole ognuna in funzione di tutte le altre, in mondo che la costruzione complessiva risultasse smaltata, ricca di particolari, brillante, ma soprattutto equilibrata ed armoniosa, la configurazione ottimale in cui i vari fattori più che sommarsi (o addirittura elidersi) si moltiplicano per dar vita ad un opera maggiore della somma dei suoi componenti. Come quando due sistemi ondulatori interferiscono tra loro, e se sono in concordanza di fase, la loro ampiezza si moltiplica a dismisura e dà luogo alla risonanza. Ciò avviene in queste giovani pianiste di nuova scuola: per loro il problema della tecnica sembra non esistere, e le loro interpretazioni sembrano, anzi sono, intrinsecamente risonanti, dando luogo alla spontanea esaltazione dell’ascoltatore che vorrebbe piangere, abbracciarle, rapirle e portarsele via con sé. Aimi Kobayashi e Tiffany Poon sono due picchi emergenti di un misterioso, incommensurabile iceberg culturale.

Tiffany Poon suona l’Appassionata sul Faziioli dell’Università di Montreal

Beethoven, sonata op.57 n.23 in fa minore, detta “Appassionata” 
Diverse, tra le 32 sonate per pianoforte di Beethoven, sono accompagnate da un soprannome, affibbiato da chissà chi, certamente all’insaputa dell’autore, che nel frattempo aveva lasciato questo mondo. C’è una Patetica, un Chiaro di Luna, un’Aurora (Waldstein), una Tempesta, gli Addii, Hammerklavier, ed al momento non me ne viene in mente nessun’altra. Anche questa, chiamata “Appassionata”, avrebbe potuto essere chiamata Tempesta, Vortice, Terremoto o con qualsiasi altro nome capace di far oscillare i lampadari ed infrangere la cristalleria, data la sua natura tellurica. A dire la verità tutte le composizioni di Beethoven hanno un che di tellurico, contengono sempre una forte dose di auto asserzione, per poi distendersi in irresistibili cantabili, in appassionate perorazioni amorose che toccano il cuore. Ho detto “appassionate perorazioni”? Ebbene sì, l’Appassionata è veramente la sonata della passione d’amore con le sue tempeste che si placano in momenti di struggente languore, di sentimentale proclamazione, di attesa fidente. Ma poi riprendono con maggiore impeto, per culminare in una sorta di giuramento finale. Credetemi, quest’analisi che ha ben poco di musicologico è una vera e propria radiografia di questa sonata, quando l’ascoltate (e vedete) eseguita da Aimi Kobayashi e da Tiffany Poon, la prima di due anni più anziana della seconda, ma entrambe sedicenni all’epoca dell’esecuzione. La prima è l’Idolo del Giappone, l’altra la Perla di Cina. Ovviamente il giudizio io ce l’ho già pronto, avendo ascoltato e riascoltato ventine di volte entrambe le esecuzioni, ma per curiosità, più che per scrupolo, sono andato a caccia di varie Appassionate su YouTube. La prima in cui mi sono imbattuto con video in bianco e nero, è quella di Claudio Arrau, da considerarsi arcaica per via della registrazione analogica, sfigurata dalle varie curve di equalizzazione RIAA e dallo smanettamento dei tecnici del suono. Per cui il risultato è quello di una registrazione poco dinamica, nel senso che i pianissimi sono tutt’altro che sussurrati e confinanti col silenzio, mentre i fortissimi sembrano sempre pestati. Il tocco di Arrau non è omogeneo e vellutato: Per di più il pianista ha dovuto esibirsi in condizioni tutt’altro che ottimali: stretto e costretto nel pesante costume di gala, ben presto ha cominciato a sudare e mostrare segni di stanchezza, Le mie principesse, invece, vestite di seta impalpabile, braccia e spalle nude danzavano sulla tastiera, ed ognuna di esse è arrivata al traguardo finale con quattro minuti di vantaggio su Arrau, senza neanche dare l’idea di affrettarsi. Senza le immagini video, ho sentito le Appassionate di Rubinstein e di Richter, sempre in debito d’ossigeno. Una registrazione più moderna, con video a colori, è quella di Daniel Barenboim, in cui il suono è migliore, ma sempre rimbombante, tronfio e congestionato. Per nessuno di questi illustri maestri m’è venuta voglia di risentirli, ed il mio unico desiderio è quello di vedere altre fanciulline prodigio eseguire gli stessi brani per poterle confrontare tra loro. Aspetto Umi Garrett, Ain Yoon, qyunqyun….e tutte le altre. Come saranno da grandi? Una risposta ce la dà Valentina Lisitsa, la quarantenne di Kiev, trapiantata in USA e stabilmente insediata nel gruppo dei migliori del mondo. Nel novembre del 2010 pubblicai la sua Appassionata su Famiglia Moderna, dove potrete ritrovarla in playlist semplicemente scrivendo “appassionata” nell’apposito riquadro targato “Cerca”
La Juillard Music School a New York

Il verdetto 
Niente suspense, niente improvvisi capovolgimenti, nessuna febbrile attesa per il giudizio della giuria: l’applausometro ha lampeggiato senza posa per entrambe le ragazze. Entrambe hanno suonato con egual tecnica trascendentale. Nessuna delle due ha mostrato di indulgere ad effetti speciali, a indugi calcolati, ad accentuazioni plateali, ad ingiustificati ritardi ed accelerazioni. Entro la tolleranza di un nanosecondo, si sono strettamente attenute alla tabella di marcia voluta da Beethoven, per cui le loro esecuzioni sono risultate risonanti, emotive, commoventi ed esaltanti, suscitando l’irrefrenabile manifestazione di stima e di compartecipazione da parte del pubblico. Aimi Kobayashi ha manifestato la tendenza ad essere giudicata più lirica, rapita e dettagliata nel canto, ottenendo il massimo dal suo Steinway & Sons. Tiffany Poon si è avvalsa del suo Fazioli per dare maggior definizione al suono in generale, ma specialmente nelle ottave basse, ed ha prodotto uno stupefacente legato dei bassi e dei pianissimi, creando nuove melodie nell’Adagio con Moto alternando la conduzione del motivo tra la mano destra e la mano sinistra, tanto da rivaleggiare con l’Allegretto della Settima. Entrambe hanno concluso con un Prestissimo velocissimo, vertiginoso e vorticoso, interpretando in modo ideale lo slancio con cui Beethoven sigilla il suo giuramento d’amore.




Courtesy by Brams Laboratory