giovedì 28 luglio 2011

"The Nutcracker" (Lo Schiaccianoci): il trionfo della musica e del balletto

Di Marino Mariani
Il balletto Schiaccianoci

Che strano! Tradizionalmente pensavo che la musica sinfonica europea si fosse esaurita in Russia nella sequenza Tchaikovsky, Stravinsky, Prokofiew, Shostakovich, e che questi quattro autori fossero praticamente allacciati l’un l’altro, nel senso che ognuno di essi era nato prima che fosse morto l’altro, come a formare una sorta di catena umana. Sono andato a controllare ed ho trovato i conti perfettamente in ordine. Perché dunque rammaricarsene? Perché immaginavo che, rispettata la sequenza storica, Tchaikovsky fosse comunque più vicino a noi, un contemporaneo di Ravel, Debussy, Puccini, Mascagni…..Addirittura pensavo che fosse ancora vivo quando sono nato io (1929). Probabilmente, al tempo della mia nascita, ci deve essere stato qualche film o qualche evento che me lo faceva immaginare ancora vivo. Invece Peter (Piotr) Iliyich Tchaikovsky è nato nel 1840 ed è morto nel 1893. È morto, dunque, sette anni prima di Giuseppe Verdi, e la sua vita è contenuta in quella di Brahms (1833–1897), ma mentre Brahms mi sembra appartenere all’antichità classica, Tchaikovsky mi sembra un nostro contemporaneo, un vero specialista della timbrica e della dinamica orchestrale al pari degli impressionisti francesi, ma di loro più grandioso e più moderno.

Piotr Ilyic Tchaikovsky

Mi riesce impossibile collocare nel passato remoto un autore così….disneyano. Ebbene, tra le tante cose che vanno male nel nostro pianeta, una va benissimo, a gonfie vele, e cioè YouTube, che adesso sta soppiantando qualsiasi altra fonte di cultura musicale, ed ogni giorno fa passi da gigante con i suoi stivali dalle sette leghe. Io non so com’è nata YouTube, e come poi si è sviluppata. Mi sembra che l’idea fondamentale sia stata quella di aprire un canale telematico, i cui programmi fossero costituiti dai contributi stessi degli ascoltatori. In effetti, se andiamo a cercare su internet un po’ di storia di YouTube, leggiamo che l’idea fu proprio questa, e che il canale fu fondato e andò in onda (in rete) il 14 febbraio 2005 ad opera di tre individui definiti come “ex impiegati di PayPal”, e che nel novembre del 2006 fu venduto a Google per la somma di 1,65 miliardi di US$. Fermatevi un istante a riflettere sull’entità della somma introitata in meno di due anni, converrete che vale la pena di sapere qualche cosa di più a proposito di quei tre ex impiegati di PayPal. Essi erano Chad Hurley che aveva studiato “design” alla Indiana University of Pensylvania, Steve Chen e Jawed Karim colleghi nella facoltà di “computer science” della University of Illinois sita in Urbana-Campaign. Converrete anche che il movimento giornaliero delle visualizzazioni deve comportare cifre astronomiche, e senza entrare in maggiori particolari, che potrete rilevare su internet, sappiate che dai primi timidi contrtibuti provenienti da privati, ora sono presenti su YouTube interi programmi di qualità assoluta provenienti da stazioni radio-televisive di prima grandezza, della durata di una, due o più ore ininterrotte. Questo sconfinamento dai limiti tradizionali di YouTube ha aperto nuovi orizzonti nel panorama della conoscenza della musica. Finora conoscevo le opere di Tchaikowsky che consideravo “classiche”, come i concerti per pianoforte o per violino e orchestra, le sinfonie, mentre consideravo marginali le altre opere di Tchaikovsky come le sue opere liriche e le sue musiche per balletti. Bene, non dico che sia vero esattamente il contrario, ma in effetti la musica da ballo di Tchaikovsky è veramente la specialità in cui giustamente viene considerato il “numero uno” al mondo (il “numero due” sarebbe Giuseppe Verdi con i ballabili dalle sue opere). Ma in genere la musica da ballo di Tchaikovsky è conosciuta per le “suite” dei suoi balletti, che sono brevi campionari delle composizioni da teatro che durano anche più di due ore. Che pertanto non vengono mai eseguite per intero nei concerti, né offerte integralmente nei cataloghi dei dischi. E così io, che ho passato la vita ad ascoltare la musica e a collezionare cataloghi di tutte le case discografiche; a leggere libri di esegesi musicale; ad informarmi con ogni mezzo su ogni aspetto musicale che meritasse di essere stampato sulle riviste da me pubblicate o alle quali collaboravo, ebbene, nella posizione da me descritta, non ho mai ricevuto l’invito a considerare con maggiore attenzione l’intera opera di Tchaikovsky. In effetti, a commento dei brani dello Schiaccianoci inseriti nel film Fantasia di Walt Disney, Deems Taylor, che era il curatore musicale del film, disse che ormai lo Schiaccianoci per intero non veniva più eseguito.


Emissione filatelica russa per lo Schiaccianoci

Tchaikovsky, a parte i brani da concerto che ho ricordato, pur essendo il re indiscusso della musica dei balletti, veniva considerato, musicalmente parlando, un relitto del passato, come se tutti i suoi balletti avessero un valore a parte, riservato a circoli eccentrici, estranei al mondo musicale. E la storia dello Schiaccianoci starebbe a confermare questa teoria: la musica per quel balletto fu composta negli anni tra il 1891 e il 1892 (l’autore morì l’anno dopo). Il balletto stesso fu commissionato dal direttore del Teatro Imperiale di Sanpietroburgo al coreografo e maestro del Balletto Imperiale Marius Petipa ed al musicista Tchaikovsky, mentre il libretto fu tratto dal racconto di E.T.A. Hoffmann "Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi", in una versione raddolcita dovuta ad Alessandro Dumas. Petipa preparò il libretto col suo assistente Lev Ivanov, fornendo a Tchaikovsky lo scenario del balletto con i ritmi, il numero delle battute e il tempo per ogni danza. Il testo di internet che stiamo consultando, e praticamente tutti gli altri relativi a questo argomento, asseriscono che Tchaikovsky, nel 1891, sentì a Parigi un nuovo strumento musicale denominato Celesta di recente invenzione e lo volle inserire nello Schiaccianoci come tema per la Fata Confetto, ma io non credo a questa versione, perché in realtà Tchaikosky conobbe la Celesta durante un giro di concerti in America, e ne acquistò un esemplare che portò in Europa, proprio nel 1891, e lo tenne celato per non farsi rubare l’idea dai suoi colleghi e concorrenti. E fece esordire questo strumento, con grande sorpresa e meraviglia da parte di tutti, proprio nello Schiaccianoci.

La Celesta di Auguste Mustel


Ciò lessi in un libro tanti anni fa, e se lo ritrovo ne citerò il titolo. Comunque esiste una variante abbastanza credibile: Tchaikovsky conobbe la Celesta negli Stati Uniti, se ne innamorò e pensò di inserirla nello Schiaccianoci. Allora scrisse al suo editore di acquistarne un esemplare, ma di tenerlo nascosto perché nessuno conoscesse questa sua arma segreta. La prima rappresentazione ebbe luogo il 18 dicembre 1892 nel Teatro Mariinskij di Sanpietroburgo sotto la direzione del compositore italiano Riccardo Drigo. La Fata Confetto era la ballerina italiana Antonietta Dell’Era. Il ruolo di Clara era interpretato da una bambina della scuola di ballo del teatro. La critica (russa) non fu favorevole: i critici musicali lo rimproverarono come un compositore orchestrale che si era abbassato a comporre musica per un balletto, mentre i critici di danza trovarono la sua musica troppo sinfonica ed impossibile da ballare. In Europa lo Schiaccianoci fu presentato per la prima volta a Londra nel 1934 al Saddler’s Wells, ed alla Scala di Milano nel 1938. Ebbene, la storia dello Schiaccianoci dimostra che la composizione, se alla fine ha avuto un successo universale come balletto, è stata sempre sottovalutata dal punto di vista musicale, ma con l’istituzione di YouTube, ed in virtù dei suoi recenti, quotidiani sensazionali sviluppi, la situazione è radicalmente cambiata. Io sono rimasto fulminato quando mi sono imbattuto in una versione da concerto dello Schiaccianoci della durata ininterrotta di oltre un’ora e mezza. Non avrei mai creduto che lo Schiaccianoci fosse così lungo, e, naturalmente, l’ho subito voluto ascoltare, e mi è sembrato di nascere una seconda volta, non solo per la bellezza della musica, ma per l’esecuzione, per la qualità del suono e della visione. Il sogno di un antesignano cultore dell’Alta Fedeltà, qual io sono, si avverava in proporzioni inimmaginabili con una musica composta ad hoc, fatta apposta per spaziare su ogni sfumatura timbrica e dinamica compatibile con le leggi dell’Acustica, la Fisica del Suono.

Yannick Nezet-Seguin

E nessun altro brano musicale avrebbe potuto consentire un’analisi così completa, perché Tchaikovsky, per questo balletto dedicato sostanzialmente ai bambini, dove non esistevano ha creato strumenti musicali appositi o congegni comunque destinati ad evocare suoni e rumori fiabeschi, che costituiscono il più completo dei test cui sottoporre una moderna apparecchiatura elettronica della categoria Teatro in Casa. Per i cultori dell’Alta Fedeltà l’ascolto di questo Schiaccianoci costituisce non solo il test definitivo del loro impianto, ma un godimento senza limiti, visto che il segnale digitale non si degrada con l’uso. L’esecuzione delle meraviglie che mi ha portato alla scoperta della vera natura dello Schiaccianoci è quella dell’Orchestra Sinfonica di Rotterdam diretta da Yannick Nezet-Seguin, un giovanotto che dirige con estremo vigore ed entusiasmo, mimando la musica come se il balletto fosse lui in persona. Mi fa pensare ad una esecuzione di Dafni e Clöe di Ravel che vidi alla televisione tanti anni fa, diretta da un Riccardo Chailly pantomimo che dava vita ad uno spartito (vivacemente) animato da rendere superflua la presenza dell’orchestra. Tutta l’orchestra di Rotterdam è fatta di bella gente, che risponde con prontezza alle esortazione del direttore, che non manca di congratularsi, alla fine di ogni brano, come fanno le squadre di pallavolo ogni volta che segnano un punto. Ma se cado nel folklore rischio di dimenticare di dirvi per quale ragione lo Schiaccianoci mi è sembrato una grandissima musica. Ebbene, ora noi siamo abituati a sinfonie e sonate costruite con la sintassi tedesca, che vuole che alla presentazione di un primo tema segua quella di un secondo tema, e poi dallo sviluppo, il tutto condito da infiniti ritornelli. Il contrario delle sonate di Scarlatti, che consistono nel continuo irrompere di nuovi temi e di modulazioni, il tutto senza sviluppo e con pochi ritornelli. Ebbene, lo Schiaccianoci sembra una grande sinfonia alla Scarlatti: una successione di brevi quadri, un afflusso continuo, ininterrotto, torrenziale di motivi sempre nuovi, caratterizzati non tanto da modulazioni tonali quanto timbriche. Per la prima volta invece che la mente dell’autore si sente, anzi si sentono, tutti i timbri dell’orchestra, si distinguono le voci degli strumenti. Ma non è neanche giusto dire semplicemente che si distinguono le voci degli strumenti: questa volta non sono gli strumenti che cercano di interpretare le note dello spartito, ma sono invece le note che interpretano le voci degli strumenti! Non è l’orchestra che cerca fedelmente di dar vita alle intenzioni dell’autore, ma, in un certo senso, è lo spartito che si fa da parte e lascia il campo libero alla voce, alle infinite voci dell’orchestra. Oltre che degli strumenti tradizionali, l’orchestra si avvale di dispositivi appositamente costruiti, oppure fuori del comune, inseriti nell’orchestra.

Lo Schiaccianoci di Nureyev al Covent Garden di Londra

Sin dal principio al fianco dei clarinetti, si nota un’avventente signora bionda, aristocratica ed elegante con occhiali futuristici e lunghi orecchini, che suona uno strano strumento che non avevo mai visto, stretto e lungo non meno di un metro, con un’imboccatura a collo di cigno, un terminale a tromba di sassofono ed una voce di contralto profondo come Fedora Barbieri quando nel duetto con Falstaff pronuncia il famoso “Reverenza”! Dopo molte ricerche ho individuato quello strumento: fa parte della famiglia dei clarinetti e si chiama “basset” in inglese, dall’italiano “corno di bassetto”. A dire la verità, alla voce “corno di bassetto” corrispondono anche altri strumenti, molto somiglianti, ma non coincidenti con quello dell’orchestra di Rotterdam. Lo strumento in questione si chiama anche “clarone”, mentre io, nel frattempo, l’avevo chiamato “controclarinetto” o “bassone”. La sua aristocratica suonatrice, con cui stringerete amicizia perché appare spessissimo in primo piano piano, ha in sé una sfumatura di alterigia che mi ha fatto pensare a Madre Reuter (pronuncia Roiter), la dottissima Madre Generale di un ordine di suore che folleggiano in una serie televisiva tedesca. Costei, all’esame per la patente di guida, quando la chiamano “dottoressa” li corregge: “dottoressa dottoressa” perché aveva due lauree. E così la nostra suonatrice di “bassone” io la chiamo “contessa contessa”, e voi, forse, farete lo stesso. Il più bello ed elegante dell’orchestra è senza dubbio un giovane di stanza al centro della formazione dei contrabbassi, che sembra esaudire l’implorazione (anni 60) di don Marino Barreto junior al pittore, cui chiede: “Tra gli Arcangeli ti prego / Metti un angioletto negro”. Sempre nel gruppo dei contrabbassi, in alto a sinistra, è situata una esecutrice vestita spartanamente e dalle maniere molto pratiche e spiccie, che mi ha fatto esclamare: “Guarda, la donna delle pulizie è venuta a dare una mano ai contrabbassi”! Da una trasmissione televisiva sul folklore trecentesco ho appreso questa denominazione per le donne insigni dotate di particolari virtù: “Madonne di Contrada”. Ebbene, le due celestiali e serene signore bionde che suonano l’arpa meritano senz’altro il titolo di “Madonne d’Orchestra”. Vedendo il filmato per la seconda o terza volta apprezzerete la timida, delicata e… piacente professoressa titolare del secondo fagotto. Ma la stella delle stelle è senz’altro la benefica, serafica, salvifica sorella suora di Mary Poppins che fa il suo ingresso sulla scena quando appare alla tastiera della Celesta Schiedmayer nella danza di Fata Confetto esattamente all’istante 1h22’01”. Ad aggiungere gaudio al tripudio generale, sorella Poppins duetta con la sua Celesta nientemeno che con la “contessa contessa” ed il suo bassone dalla voce di Fedora Barbieri, ed assistiamo così al brano più grazioso di tutta la storia della musica. Con la Celesta Tchaikovsky ha giocato benissimo le sue carte. Questo strumento è stato brevettato nel 1886 da Auguste Mustel, ed ora è fabbricato unicamente dalla ditta Schiedmayer di Stoccarda, che produce strumenti a tastiera dal 1735. Ultimamente è sorta una disputa tra la Schiedmayer, ereditaria del brevetto originale di Mustel, e la Yamaha, che ha prodotto uno strumento simile che, però, confrontando i brevetti, va considerato come un “Glockenspiel” a tastiera, non come una vera Celesta di Mustel.


Lo Schiaccianoci al teatro Mariinskij


Ma ora accostiamoci allo Schiaccianoci da teatro, cioè al balletto vero e proprio. Uno straordinario colpo di fortuna è stato quello di trovare una esecuzione completa ininterrotta introdotta su YouTube il 14 gennaio di quest’anno (2011) : si tratta nientedimeno che della versione televisiva di una storica esecuzione avvenuta il 10 febbraio 1968 al teatro Covent Garden di Londra (il Teatro di Sua Maestà) interpretata da Rudolf Nureyev e Merle Park, tutti i particolari contenuti nei titoli di testa e di coda. Ed arrivati a questo punto io taccio e mi godo lo spettacolo insieme a voi, perché è la prima volta che assisto all’esecuzione di un balletto classico. Però mi è rimasto il dono della vista e dell’udito, facoltà che mi consentono di constatare la prevalenza della visione sul suono nella percezione del realismo di un evento. Ed infatti la musica di Tchaikovsky, che avevo percepito come avveniristica, qui, al cospetto dell’azione scenica, si ricontestualizza. E siccome l’azione scenica è di tipo ottocentesco, la musica di Tchaikosky si trasforma in un delizioso accompagnamento….ottocentesco, senza perdere un alcunché del suo valore musicale. Il fatto è che lo Schiaccianoci sinfonico è uno spettacolo del tutto distinto, e persino alieno, dallo Schiaccianoci teatrale: lì è la musica, qui è il balletto. Comunque la nostra fortuna non finisce qui: le esecuzioni integrali, diverse delle quali ininterrotte, reperibili su internet, sono addirittura numerose! Una di esse, interpretata da Michail Baryshnikov, richiede però una speciale parola d’ordine da parte della Sony, che dichiara di esserne proprietaria. Pertanto, volendo presentare anche una versione più moderna dello Schiaccianoci, m’è sembrata ideale quella del Teatro Mariinsky di Sanpietroburgo, il teatro che fu…teatro della prima rappresentazione dello Schiaccianoci. Questa esecuzione televisiva, effettuata in collaborazione con France 3, risale all’anno 1994, ma è stata caricata su YouTube soltanto il 16 aprile 2011, quindi poco tempo fa, il che dimostra quali poderose innovazioni sta introducendo YouTube in questi ultimi tempi, e penso che entro poco tempo ancora questa istituzione potrà considerarsi la biblioteca assoluta per l’intero sistema solare. Anche in questo caso vi dirò che la parte di Masha e della Principessa è affidata a Larissa Lezhnina e quello dello Schiaccianoci e del Principe a Victor Baranov, e lo faccio solo per farvi notare che, rispetto al testo originale di E.T.A Hoffmann e alla tradizione occidentale, in cui la bambina protagonista della favola si chiama Clara, questa volta viene chiamata Masha. Il resto lo potete leggere sui titoli di testa e di coda.

La bambola Barbie nel Nutcracker della Universal Pictures

Noterete che buona parte del pubblico è formata da bambini, e con ciò va ricordato che quest’opera è specificamente dedicata ai bambini. Quindi sarà bene includere nella nostra rassegna il cartone animato della Universal Pictures che ha come protagonista la bambola Barbie della Mattel. Il film “Barbie e lo Schiaccianoci” è stato realizzato utilizzando le tecniche CGI e mocap, sigle che significano, rispettivamente Computer Generated Imagery (Immagini Create al Computer) e motion capture (cattura del movimento). La “cattura del movimento” utilizza come punto di partenza modelli reali in movimento, ed in effetti, per tutte le scene di danza presenti nel film, sono elencati i componenti del New York City Ballett che sono serviti da modello. Il film (del 2001) è realizzato con una fenomenale dovizia di mezzi ed i risultati sono veramente straordinari. Tanto gli effetti visivi, quanto gli effetti sonori, raggiungono lo scopo di apparire avveniristici, di conseguenza la musica di Tchaikovsky torna a ricontestualizzarsi di nuovo, quindi torna ad assumere sembianze avveniristiche, come l’avevo descritta sin dal principio. La storia viene descritta come vagamente echeggiante le vicende di un racconto di E.T.A. Hofmann, ma in realtà è molto fedele al racconto originale, ed in pratica solo da questo film d’animazione è possibile conoscere, dal principio alla fine, la storia dello Schiaccianoci. Si noti che questo film non è destinato alla proiezione nei cinema, ma alla sola distribuzione in DVD per la visione al computer. Un’ultima nota, e questa è un vero e proprio contrattempo: la versione italiana del film reperita su YouTube è estremamente carente nell’immagine che, oltre ad essere a bassa risoluzione, presenta una deformazione verticale. Io la pubblico, perché serve a capire i dialoghi, ma pubblico anche la versione inglese che è stupefacente, in senso positivo, sotto ogni aspetto. Facendo un rapido conto, mi sembra che questo articolo comprenda non meno di otto ore di spettacolo, e sarà sicuramente la gioia dei grandi, ma specialmente dei piccini.













(Foto Bing Google di pubblico dominio. Video YouTube. Click per ingrandire)

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Il più bello ed elegante dell’orchestra è senza dubbio un giovane di stanza al centro della formazione dei contrabbassi, che sembra esaudire l’implorazione (anni 60) di don Marino Barreto junior al pittore, cui chiede: “Tra gli Arcangeli ti prego / Metti un angioletto negro”. Sempre nel gruppo dei contrabbassi, in alto a sinistra, è situata una esecutrice vestita spartanamente e dalle maniere molto pratiche e spiccie, che mi ha fatto esclamare: “Guarda, la donna delle pulizie è venuta a dare una mano ai contrabbassi”! Da una trasmissione televisiva sul folklore trecentesco ho appreso questa denominazione per le donne insigni dotate di particolari virtù: “Madonne di Contrada”. Ebbene, le due celestiali e serene signore bionde che suonano l’arpa meritano senz’altro il titolo di “Madonne d’Orchestra”. Vedendo il filmato per la seconda o terza volta apprezzerete la timida, delicata e… piacente professoressa titolare del secondo fagotto. Ma la stella delle stelle è senz’altro la benefica, serafica, salvifica sorella suora di Mary Poppins che fa il suo ingresso sulla scena quando appare alla tastiera della Celesta Schiedmayer nella danza di Fata Confetto esattamente all’istante 1h22’01”. Ad aggiungere gaudio al tripudio generale, sorella Poppins duetta con la sua Celesta nientemeno che con la “contessa contessa” ed il suo bassone dalla voce di Fedora Barbieri, ed assistiamo così al brano più grazioso di tutta la storia della musica. Con la Celesta Tchaikovsky ha giocato benissimo le sue carte. Questo strumento è stato brevettato nel 1886 da Auguste Mustel, ed ora è fabbricato unicamente dalla ditta Schiedmayer di Stoccarda, che produce strumenti a tastiera dal 1735. Ultimamente è sorta una disputa tra la Schiedmayer, ereditaria del brevetto originale di Mustel, e la Yamaha, che ha prodotto uno strumento simile che, però, confrontando i brevetti, va considerato come un “Glockenspiel” a tastiera, non come una vera Celesta di Mustel. Ma ora accostiamoci allo Schiaccianoci da teatro, cioè al balletto vero e proprio. Uno straordinario colpo di fortuna è stato quello di trovare una esecuziione completa ininterrotta introdotta su YouTube il 14 gennaio di quest’anno (2011) : si tratta nientedimeno che della versione televisiva di una storica esecuzione avvenuta il 10 febbraio 1968 al teatro Covent Garden di Londra (il Teatro di Sua Maestà) interpretata da Rudolf Nureyev e Merle Park, tutti i particolari contenuto nei titoli di testa e di coda. Ed arrivati a questo punto io tackcio e mi godo lo spettacolo insieme a voi, perché è la prima volta che assisto all’esecuzione di un balletto classico. Però mi è rimasto il dono della vista e dell’udito, facoltà che mi consentono di constatare la prevalenza della visione sul suono nella percezione del realismo di un evento. Ed infatti la musica di Tchaikovsky, che avevo percepito come avveniristica, qui, al cospetto dell’azione scenica, si ricontestualizza. E siccome l’azione scenica è di tipo ottocentesco, la musica di Tchaikosky si trasforma in un delizioso accompagnamento….ottocentesco, senza perdere un alcunché del suo valore musicale. Il fatto è che lo Schiaccianoci sinfonico è uno spettacolo del tutto distinto, e persino alieno, dallo Schiaccianoci teatrale: lì è la musica, qui è il balletto. Comunque la nostra fortuna non finisce qui: le escuzioni integrali, diverse delle quali ininterrotte, reperibili su internet sono addirittura numerose! Una di esse, interpretata da Michail Baryshnikov, richiede però una speciale parola d’ordine da parte della Sony, che dichiara di esserne proprietaria. Pertanto, volendo presentare anche una versione più moderna dello Schiaccianoci, m’è sembrata ideale quella del Teatro Mariinsky di Sanpietroburgo, il teatro che fu…teatro della prima rappresentazione dello Schiaccianoci. Questa esecuzione televisiva, effettuata in collaborazione con France 3, risale all’anno 1994, ma è stata caricata su YouTube soltanto il 16 aprile 2011, quindi poco tempo fa, il che dimostra quali poderose innovazioni sta introducendo YouTube in questi ultimi tempi, e penso che entro poco tempo ancora questa istituzione potrà considerarsi la biblioteca assoluta per l’intero sistema solare. Anche in questo caso vi dirò che la parte di Masha e della Principessa è affidata a Larissa Lezhnina e quello dello Schiaccianoci e del Principe a Victor Baranov, e lo faccio solo per farvi notare che, rispetto al testo originale di E.T.A Hofmann e alla tradizione occidentale, in cui la bambina protagonista della favola si chiama Clara, questa volta viene chiama Masha. Il resto lo potete leggere sui titoli di testa e di coda.

Prosphore e Palamarke

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Il sogno di un antesignano cultore dell’Alta Fedeltà, qual io sono, si avverava in proporzioni inimmaginabili con una musica composta ad hoc, fatta apposta per spaziare su ogni sfumatura timbrica e dinamica compatibile con le leggi dell’Acustica, la Fisica del Suono. E nessun altro brano musicale avrebbe potuto consentire un’analisi così completa, perché Tchaikovsky, per questo balletto dedicato sostanzialmente ai bambini, dove non esistevano ha creato strumenti musicali appositi o congegni comunque destinati ad evocare suoni e rumori fiabeschi, che costituiscono il più completo dei test cui sottoporre una moderna apparecchiatura elettronica della categoria Teatro in Casa. Per i cultori dell’Alta Fedeltà l’ascolto di questo Schiaccianoci costituisce non solo il test definitivo del loro impianto, ma un godimento senza limiti, visto che il segnale digitale non si degrada con l’uso. L’esecuzione delle meraviglie che mi ha portato alla scoperta della vera natura dello Schiaccianoci è quella dell’Orchestra Sinfonica di Rotterdam diretta da Yannick Nezet-Seguin, un giovanotto che dirige con estremo vigore ed entusiasmo, mimando la musica come se il balletto fosse lui in persona. Mi fa pensare ad una esecuzione di Dafni e Clöe di Ravel che vidi alla televisione tanti anni fa, diretta da un Riccardo Chailly pantomimo che dava vita ad uno spartito (vivacemente) animato da rendere superflua la presenza dell’orchestra. Tutta l’orchestra è fatta di bella gente, che risponde con prontezza alle esortazione del direttore, che non manca di congratularsi, alla fine di ogni brano, come fanno le squadre di pallavolo ogni volta che segnano un punto. Ma se cado nel folklore rischio di dimenticare di dirvi per quale ragione lo Schiaccianoci mi è sembrato una grandissima musica. Ebbene, ora noi siamo abituati a sinfonie e sonate costruite con la sintassi tedesca, che vuole che alla presentazione di un primo tema segua quella di un secondo tema, e poi dallo sviluppo, il tutto condito da infiniti ritornelli. Il contrario delle sonate di Scarlatti, che consistono nel continuo irrompere di nuovi temi e di modulazioni, il tutto senza sviluppo e con pochi ritornelli. Ebbene, lo Schiaccianoci sembra una grande sinfonia alla Scarlatti: una successione di brevi quadri, un afflusso continuo, ininterrotto, torrenziale di motivi sempre nuovi, caratterizzati non tanto da modulazioni tonali quanto timbriche. Per la prima volta invece che la mente dell’autore si sente, anzi si sentono tutti i timbri dell’orchestra, si distinguono le voci degli strumenti. Ma non è neanche giusto dire semplicemente che si distinguono le voci degli strumenti: questa volta non sono gli strumenti che cercano di interpretare le note dello spartito, ma sono invece le note che interpretano le voci degli strumenti! Non è l’orchestra che cerca fedelmente di dar vita alle intenzioni dell’autore, ma, in un certo senso, è lo spartito che si fa da parte e lascia il campo libero alla voce, alle infinite voci dell’orchestra. Oltre che degli strumenti tradizionali, l’orchestra si avvale di dispositivi appositamente costruiti, oppure fuori del comune, inseriti nell’orchestra.

giovedì 21 luglio 2011

Yuja Wang: la belva da concerto

Di Marino Mariani
Yuja Wang

Per tutta la durata della mia vita studentesca, ho sempre fatto parte di un gruppo intellettuale dedito ad una polemica continua con la quale, ce ne rendevamo conto, non solo esponevamo sinceramente il nostro pensiero sull’arte in generale, sulla musica e sulla pittura contemporanea in particolare, ma ce ne servivamo per affinare una sorta di ars oratoria come quando, due millenni fa, i giovani romani si recavano al Foro per ascoltare i dibattiti tra i grandi oratori, e facevano il tifo come ad una partita di calcio (due millenni dopo). Quali che fossero i reali fondamenti di queste nostre animate discussioni, rimane il fatto che mai eravamo concordi sulle interpretazioni di pianistoni del calibro di Arturo Benedetti Michelangeli, di Artur Schnabel, di Wilhelm Backhaus, di Wilhelm Kempf, di Carlo Zecchi, di Alfred Cortot, di Dinu Lipatti e di Clara Haskill….Tranne che sul nome di Walter Gieseking che, in virtù della sua interpretazione della sonata Waldstein di Beethoven, eravamo d’accordo che fosse superiore a tutti gli altri. Adesso sono ancora in rapporti telematici col mio principale oppositore istituzionale, e ad un certo punto abbiamo scoperto, con vero stupore, che, se da una parte le nostre divergenze degli anni 40 sono state pienamente riconfermate, con ciò dimostrando che il nostro modo di pensare non è mutato, dall’altra abbiamo riscontrato una perfetta identità di vedute nei confronti delle recentissime, inaspettate e travolgenti bambine prodigio. Una unanimità che non si limita al plauso per la loro bravura tecnica. Anzi, la loro bravura la diamo per scontata, quasi fosse inessenziale. Quello che ci sconvolge veramente è la constatazione che noi riteniamo giusto, anzi: inappellabile il loro pensiero! Comunque suonino, chiunque siano i loro insegnanti, la loro interpretazione ci appare, senza eccezioni, giusta. Spontaneamente diamo loro un credito che abbiamo negato ai più celebrati esponenti nati e cresciuti nell’ambito della nostra cultura occidentale. Forse subiamo il loro fascino? Senza dubbio! Una volta che la prima sensazione d’ascolto ci suggerisce che siamo in presenza di una esecuzione prodigiosa, quella bambina automaticamente viene a far parte del nostro stuolo, della nostra famiglia, e per lei stravediamo. Finora si è sempre trattato di bambine di origine estremo orientale, che in famiglia ed a scuola hanno appreso un linguaggio ideografico, il che costituisce una prima, (apparentemente) invalicabile barriera nei confronti della cultura occidentale. La principale differenza tra un linguaggio ideografico ed uno alfabetico è che, nelle lingue occidentali, le parole sono formate da lettere, con le quali si possono formare un numero infinito di parole.



Yuja bambina

Ma, a sua volta, il significato delle parole si apprende dal linguaggio quotidiano, oppure va ricercato in un vocabolario. Al contrario, i duemila grafemi che costituiscono il linguaggio giapponese, ognuno di loro contiene il proprio significato. Il loro alfabeto non è fatto di lettere, bensì di parole. L’esempio che trovai nel primo libro giapponese che lessi a proposito di questi problemi di linguaggio, è tanto chiaro ed esplicativo che non lo dimenticherò mai, pur avendolo studiato oltre trent’anni fa. Era l’esempio di un nome scientifico, quello di “Staphylococcus haemolyticus”. In Italiano (stafilococco emolitico) dovete chiederlo ad un esperto o cercarlo a lungo, mentre in giapponese è realizzato con quattro ideogrammi di ognuno dei quali il significato è noto, e che tutti assieme equivalgono a: “piccolissimo animale (microorganismo, batterio) – a forma di grappolo (o collana, o catenella) – che rende il sangue – duro come la pietra”. Fatemi aprire una rapida parentesi: per scrupolo prima di scrivere questo esempio, ho voluto controllare che cosa c’era su internet. Per “staphylococcus hemolyticus” internet dice che questa voce c’era ma era stata cancellata perché inaffidabile, e quindi si esortano i lettori a dare una descrizione certa. Però, se su internet cercate “stafilococco ematolitico” troverete indicata Famiglia Moderna, perché questo esempio, l’avevo citato a memoria in un articolo su Valentina Lisitsa. Farò le opportune correzione su quel vecchio articolo, dopodiché probabilmente saremo assunti come autori ufficiali della descrizione di questo batterio. Dunque tra i cinesi, i giapponesi e i coreani e noi occidentali c’è questo gigantesco sbarramento linguistico. Ora la musica, come un linguaggio letterario, ha una sua sintassi, che è l’arte della costruzione della frase, che dovrebbe essere inaccessibile agli orientali, se non a rarissimi studiosi. Ed invece gli orientali sono improvvisamente diventati i massimi cultori di tutto il mondo della musica occidentale. Essi annullano per istinto le barriere sintattiche e giungono istantaneamente al risultato finale: l’esecuzione in piena ricchezza espressiva. Essi sono estremamente sensibili alle differenziazioni dinamiche (forte, piano, pianissimo, diminuendo…) e ritmiche (sostenuto, rallentando, più animato…), nonché all’intonazione sentimentale variamente espressa. Diciamo che a lato della tecnica, c’è questo corredo artistico che rende l’esecuzione gradita (o no) anche allo spettatore meno esperto. Quello che maggiormente colpisce in quello che chiamiamo il fenomeno delle bambine prodigio, è questo corredo artistico che, normalmente, un pianista di carriera acquisisce e raffina nel corso di anni ed anni d’esperienza, mentre loro lo assumono come presupposto iniziale. Evidentemente esse sono dotate di qualità artistiche innate, visto che le loro interpretazioni appaiono subito giuste, e suscitano, contemporaneamente, ammirazione, affetto e commozione. È come se la musica l’avessero inventata loro, e noi la scoprissimo adesso come quando, qualche secolo fa, in Asia scoprimmo il pepe, il tè, la gomma….e l’oppio. In ogni caso, mentre l’occidente è in pieno disarmo culturale, l’oriente si mostra più che voglioso di subentrare. E si getta sui nostri tesori non per farne barbaramente scempio, ma valorizzandoli come quando Roma, abbattuta la potenza militare dei greci, ne conservò, ne esaltò e ne assorbì l’arte, la letteratura e la filosofia.


La Tonhalle di Zurigo

Yuja Wang
Yuja Wang è una fanciulla cinese nata a Pechino il 10 febbraio 1987, che quindi ora è una signorina di 24 anni. Per coglierla nel fiore della puerizia, in quell’età in cui noi quelle pianistine le chiamiamo bambine prodigio, la data di uscita di questo articolo doveva essere quella di un giorno dell’anno 1997, quando Yuja aveva dieci anni. Ma in quell’anno Famiglia Moderna non esisteva neanche nell’immaginazione, ed anche YouTube doveva emettere i suoi primi vagiti. Solo oggi noi la veniamo a conoscere, in un momento in cui la sua carriera è ancora nella fase iniziale, ma e già più fulgida di quella di Alessandro il Macedone. Per cui la accogliamo direttamente nella nostra cerchia delle “donne superiori”, in cui fa il suo ingresso ed occupa il suo seggio con tutto il prestigio e la baldanza di un “Grande Collisore per Adroni” (Large Hadron Collider), la macchina acceleratrice di Ginevra che, prima o poi, dovrà partorire le “particelle di Dio”, quelle che fanno nascere la materia dallo spazio vuoto. Yuja Wang già appartiene al novero delle donne elette alla trasformazione della società umana, perché tutti si accorgono che il suo ingresso sulla scena non è quello di una (grande) artista, ma quello di una donna nel pieno consapevole empito di una “volontà di potenza” femminile. Non è la prima volta che una donna attrae l’entusiasmo popolare, ma, in genere, in ruoli femminili. Questa volta l’ingresso di Yuja Wang è in un ruolo assoluto, padrona della scena punto e basta, ma amministratrice del successo come donna, punto e basta. Non pretendiamo di avere la soluzione immediata per ogni quesito, quindi procediamo: Yuja Wang (leggiamo su internet) viene da una famiglia di musicisti, sua madre era una danzatrice e fu la sua prima maestra, mentre suo padre era un percussionista. A sette anni è entrata nel Beijing (Pechino) Central Conservatory of Music, ove ha studiato per tre anni. A 14 anni si è trasferita in Canada per imparare l’inglese e studiare al Mount Royal College Conservatory di Calgary. Attualmente vive a New York, ma per la maggior parte del tempo è in giro per il mondo. Nel 2003 ha fatto il suo debutto alla Tonhalle di Zurigo sotto la direzione di David Zinman suonando il concerto n. 4 di Beethoven. Aveva sedici anni. Devo domandare a mia moglie, che frequenta quella sala da concerto, se l’ha mai sentita. Poiché tutte le tappe della sua carriera sono riportate su internet, consultatele lì, mentre noi passiamo all’anno 2009, in cui Yuja suona a Perugia, nella Sala dei Notari, in un programma del tutto inedito, aperto da quattro sonate di Domenico Scarlatti. E poi tre Lieder di Schubert nella tracrizione di Liszt e da una selezione degli Studi Sinfonici di Robert Schumann. Assieme alla Sonata n. 6 di Scriabin, Yuja ha portato questo programma in diverse città, accompagnandolo con i suoi sensazionali bis costituiti dalla Tritsch-Tratsch Polka di Strauss nella variante di Georges Cziffra, e dalla Marcia Turca di Mozart nella variante di Volodos e adattamento della stessa Yuja.

Claudio Abbado


Poi è stato anunciato il suo terzo CD con la registrazione dal vivo a Ravenna nella primavera del 2010 del Concerto n.2 per pianoforte ed orchestra di Rachmaninov, con la Mahler Chamber Orchestra diretta da Claudio Abbado. Con la stessa formazione noi abbiamo, in cambio, la registrazione della durata ininterrota di oltre mezzora del Concerto n.3 di Prokofiev, dalla Sala del Festival di Lucerna. E lo stesso concerto, in tutta la sua durata ininterrotta, lo abbiamo sotto la direzione di Daniele Gatti con l’orchestra della Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, datato il 3 ottobre 2010. Si tratta di due esecuzioni una migliore dell’altra. Che non vi stancherete di ascoltare, di vedere e di applaudire. Quindi, oltre a questi concerti ed al programma svolto a Perugia, con i relativi bis, voglio includere anche il Lamento di Orfeo, dall’opera di Gluck, nella trascrizione pianistica di Giovanni Sgambati, ripresa da Rachmaninov, registrata al festival di Verbier, nonché alcuni brani di Scriabin registrati durante il festival di Santa Fe del 2010 a cura della Matthew Snyder Recordings. E veramente non vorrei mai terminare la parte musicale di questo articolo, ma concluderò riportando alcuni punti di vista di Yuja. Si rende conto che ormai è la più brava di tutti? “Certamente sono la migliore perché sto studiando da quando avevo 6 anni…ma adesso guardate questi ragazzini asiatici, mi sembra che già suonino meglio di me”. È vero che i cinesi guardano la musica classica come gli occidentali guardano lo sport? “In America i genitori sono fieri di come i loro figli praticano gli sport. In Cina è lo stesso, ma per come i figli emergono nel campo della musica classica. La musica classica è un mezzo per diventare famosi e ricchi. Indubbiamente tutto l’entusiasmo è basato su questo, ma non so se sia la via giusta” Yuja, dà retta a noi: è la via giusta, e che tu possa diventare sempre più ricca.












(Foto Google Bing di pubblico dominio. Video: YouTube. Click per ingrandire)