giovedì 29 dicembre 2011

Storia di Omega (Parte 1a)

Di Marino Mariani

Nell’anno 2004 scrissi per la rivista Chrono World la “Storia di Omega” in quattro puntate. Ero soddisfatto del mio lavoro, ero sicuro di aver comunicato al lettore notizie più numerose e, soprattutto, più approfondite di quanto normalmente ci si aspetti da un periodico specializzato. Rileggendo quell’articolo sono rimasto stupefatto dalla mia maniacale insistenza con cui ho riportato, una per una. tutte le parole di prefazione e di esortazione pronunciate dal condottiero Nicolas Hayek, senza giornalisticamente sunteggiarle. Rilette ora, dopo che ci ha lasciati, risuonano non solo come il verbo di un inarrivabile maestro di strategia aziendale e finanziaria, ma soprattutto come la voce di un vecchio genitore che, prima di lasciarci, vorrebbe vedere la propria figliola redenta da un’ingiusta collocazione sociale, e con voce rotta dal pianto annuncia che ora la fanciulla è “rifiorita come raggiante principessa, come avvenente regina, ed infine come maestosa imperatrice che spande attorno a sé un’aura di commozione e di buoni intendimenti”. Sono lieto di poter diffondere in tutto il mondo queste commoventi parole, istituzionalmente riservate all’élite delle riviste specializzate.

Nicolas George Hayek, 19 febbraio 1928 - 28 giugno 2010

L’ultima casa di cui abbiamo pubblicato la storia è la Maison Tissot, un marchio molto diffuso ed assai rispettato in tutto il mondo. Lo stesso, anzi probabilmente ancora di più, vale per Omega, un marchio comunque storicamente unito a Tissot da vincoli di consanguineità: entrambi, attualmente, fanno parte di “The Swatch Group Ltd.”, il funambolico gruppo fondato da Nicolas G. Hayek, così battezzato (Suisse + Watch = Swatch) dopo aver portato, fino all’estate del 1998, la sigla di “SMH” (Société Suisse de Microélectronique et d’Horlogerie). Ma anche la SMH ha una sua data di nascita, quella del 1985, e la nostra fonte d’informazioni così la registra “(1985) ASUAG-SSIH: le banche si ritirano dal loro ruolo primario per far posto all’ispiratore della fusione, Nicolas Hayek che, persuaso del potenziale di sviluppo del nuovo conglomerato, il 17 giugno lo ribattezza col nome di SMH, si assume il rischio e l’onere degli investimenti, ed in definitiva converte il suo ruolo di consigliere d’impresa in quello di capitano d’industria. Nel contempo viene presa la decisione di trasferire all’ETA le residue attività tecniche (assemblaggio e rifinitura) di Tissot ed Omega, mentre la SSIH Equipment viene ribattezzata Omega Electronics e viene cancellata la Tissot Synthetic”. Come nel ballo la figura della dama si alterna a quella del cavaliere ogni volta che la coppia si gira, così i nomi di Tissot ed Omega appaiono come la bianca e la volta di un unico foglio. Ma non distraiamoci: per completare la genealogia di questo filone principale dell’orologeria elvetica dei tempi moderni, andiamo a rilevare il rispettivo atto di nascita di tre storiche entità: ASUAG, SSIH, ETA (i lettori più attenti ricorderanno le prime due sigle, più volte menzionate nel corso della nostra vita precedente).

Alla ricerca delle origini
Per risalire alle fonti di ASUAG (Algemeine Schweizerische Uhrenindustrie Aktien-Gesellschaft, SPA generale per l’industria orologiera svizzera), dobbiamo rifarci all’anno 1895, in cui viene fondata, a Ginevra, la “SR”, ovvero la Société des Fabriques de Spiraux Réunies. Passata nel 1931 sotto il controllo dell’ASUAG, la SR prende il nome di “Nivarox”, La Chaux-de-Fonds, nell’anno 1977. Prima di vedere gli sviluppi di SR e Nivarox, ricordiamo che nello stesso anno 1895 l’italiano Guglielmo Marconi inventa la radio, i francesi Auguste e Louis Lumiere inventano il cinema, ed il tedesco Conrad W. Röntgen scopre i raggi X. Bella annata! Ma prima che ci sfugga, vediamo che cosa succede alla Nivarox: “Applicando le strategie elaborate nel corso del biennio precedente dalla Hayek Engineering, le banche sanciscono la fusione delle due grandi del settore dando luogo al supergruppo ASUAG-SSIH-Société Suisse pour l’Industrie Horlogere (8 dicembre), e l’integrazione di tutte le attività di ricerca, di sviluppo e produzione sotto lo stesso tetto, quello dell’ETA di Granges. Il nuovo gigante diventa il numero 3 mondiale, dopo Citizen e Seiko. Viene fondata la Nivarox-FAR a Le Locle per raggruppamento della fabbrica di spirali Nivarox etc.


Fabrique d'ebauches nel Giura

Quanto al’ETA, nel 1856 si registrava la fondazione di una fabrique d’ébauches (casse semilavorate, chiamate anche abbozzi, sbozzi o bozzelli) a Granges, ad opera del dottor Joseph Girard e dell’istitutore Urs Schild, che darà luogo al marchio Eterna nel 1876, e diverrà ETA nel 1932. Come si vede da questo rapido excursus, l’attuale gruppo Swatch, voluto e guidato da Nicolas Hayek, raggruppa non solo nobilissimi nomi dell’orologeria elvetica (che non si limitano al binomio Omega-Tissot) e mondiale (ne fa parte, per esempio, anche l’americana Hamilton) ma si configura addirittura come una società di società, un’associazione di associazioni. Una costruzione composita industriale, tecnica, commerciale e finanziaria che un redattore più brillante di me non esiterebbe a chiamarla “una vera e propria galassia orologiaria mondiale”. Se da solo il gruppo Swatch si pone al terzo posto della classifica internazionale, insieme alle altre maison svizzere conquista il primo posto assoluto per fatturato, lasciando agli altri il primato dei pezzi venduti. Questo significa che il cittadino del mondo paga volentieri di più un orologio svizzero. Rifacendoci ad articoli precedentemente pubblicati, mettiamo in evidenza che l’orologeria elvetica che vanta il primato mondiale, è quella nata nel Giura neocastellano (Jura Neuchâteloise) cioè negli impenetrabili anfratti montuosi prossimi alla città di Neuchâtel attorno all’anno 1850. Mentre l’orologeria nata un secolo prima a Ginevra, quella di Breguet e di Maria Antonietta, è maggiormente vanto dell’orologeria francese.

Nicolas Hayek 
Come il centocinquantesimo anniversario di Tissot (1853-2003) è stato celebrato dalla penna di Estelle Fallet, così l’analogo anniversario di Omega, addirittura antecedente (1848-1998) trova la sua degna consacrazione nel libro “Omega Saga” di Marco Richon, curatore della “Fundation Adrien Brandt en favour du patrimoine Omega”. Si tratta di una pubblicazione ciclopica di quasi 500 pagine, che in forma sinottica riporta non solo la storia di Omega, ma di tutta l’orologeria mondiale dalla preistoria ai nostri giorni. Come Catullo dedicò il suo libro di poesie allo storico Cornelio Nepote, salutandolo così. “Tu che da solo, per Giove, in Italia, la storia universale osasti porre in libri tre, sapienti e ponderosi”, del pari si potrebbe salutare l’opera di Richon: questo libro, da solo, e più di ogni altro, dà precise informazioni ed un inestimabile inquadramento a livello di decorso universale degli eventi concomitanti. Importantissima è la prefazione di Nicolas Hayek che qui riportiamo: “La presente opera, “Omega Saga”, costituisce un saggio, secondo me ben riuscito, da parte della fondazione Adrien Brandt e del suo curatore Marco Richon, volto a raccontare alle generazioni attuali e future l’epopea di una delle marche svizzere più prestigiose, nel momento in cui festeggia i suoi 150 anni di storia. L’orologio è il prodotto emotivo per eccellenza.

Il libro "Omega Saga" di Marco Richon

Chi porta un orologio, lo porta sulla sua pelle per tutto il giorno (a volte anche la notte) e lo considera l’espressiione della sua personalità. Si ama l’orologio non solo perché è utile e perché è bello, ma anche perché trasmette un messaggio dinamico intorno a sé. Un orologio Omega generato da un’antica compagnia, possiede una cultura propria che entusiasma il personale che l’ha fabbricato e l’acquirente che l’indossa. Io ho il privilegio di occuparmi di Omega e di esserne il responsabile da due decenni. Veglio da vicino sulla sua sorte e sul suo sviluppo, come pure sul gruppo cui appartiene, entro il quale costituisce uno dei battelli-faro che fanno da guida. Ma da ben altro tempo Omega è entrato nella mia vita: mio padre, che aveva un orologio Omega da taschino, alla mia sortita dall’infanzia mi regalò un orologio da polso Omega, ed ero appena adolescente! Ma è stato quando sono entrato nel santuario della marca, in via Stämpfli, all’inizio degli anni 80 per prenderne in mano i destini, che ne sono rimmasto letteralmente stregato! A quel tempo Omega aveva perso tutta la gloria del suo passato. Non godeva più della fiducia della gente, e neanche la fiducia in se stessa. Dai suoi concorrenti più feroci ed accaniti, gli orologiai giapponesi, veniva considerata come una marca di seconda classe, priva d’impuso in tutte le funzioni primordiali di una moderna impresa: lo sviluppo del prodotto, la qualità, la comunicazione, la finanza. A seguito delle nostre ricerche è risultato che una parte della popolazione svizzera, delusa da Omega, aveva cominciato a prenderla in antipatia. Omega era scesa ad un livello talmente basso che molti tra i suoi antichi difensori – banchieri, industriali, alti funzionari – erano convinti che era meglio liquidare tutto e cessare la produzioni di orologi in Svizzera, visto che i giapponesi erano più produttivi, meno cari, migliori tecnici etc. Inoltre, uno dei giganti dell’orologeria giapponese, aveva offerto di acquistare la marca per 400 milioni di franchi, impegnandosi a versare royalties in franchi svizzeri per ogni orologio venduto sotto questo nome. Offerta evidentemente rifiutata! Per la semplice ed ottima ragione che, durante la riorganizzazione del conglomerato ASUAG-SSIH, preparata sotto la mia direzione dalla Hayek Engineering, Omega era destinata a divenire capofila delle marche di gamma superiore della futura SMH (ndr: questo scritto precede di pochi mesi la legale costituzione della SMH). Ed inoltre, perché io non vendo nessuna delle marche SMH allo straniero! Tanto per cominciare, è stato necessario impedire che Omega fosse scelta come cavallo di battaglia della gamma media elvetica per contrastare le marche giapponesi, che dominano questa categoria in tutti i mercati mondiali. Per questo ruolo ho scelto Tissot, una marca media tra quelle SMH, conosciuta in molti paesi del mondo, senza poter però, neanche minimamente rivaleggiare per prestigio internazionale con Omega, ed io sapevo che SMH aveva bisogno di una Omega piazzata sulla sommità della gamma: è con Swatch in basso e con Omega in alto che si può vincere la guerra! Diversi tra i membri della direzione generale di ASUAG-SSIH volevano collocare Omega piuttosto a mezza altezza, per lottare contro gli asiatici, ed allora si sarebbe dovuto sudare sangue per evitare una decadenza che, ne sono sicuro. Avrebbe potuto rivelarsi mortale per noi tutti”.

Alta strategia
“Tuttavia, era innanzitutto necessario imporre il lancio di Swatch come prodotto terminale del gruppo ASUAG-SSHI, e ciò al fine di assicurarci la base, cioè la gamma bassa, il che, a sua volta, comporta quattro grandi postulati strategici:
1. La massa attira la massa. Ciascuno dei portatori di Swatch lo sottopone, più o meno intenzionaalmente, all’attenzione di parecchie migliaia di persone ogni anno. È inevitabile che una o due di queste si decidano anch’esse a comprare un orologio uguale. 2. I giovani all’inizio della loro vita professionale desiderano un orologio di assoluta fiducia al prezzo più basso possibile, e s’abituano ad apprezzare i nostri prodotti, se sono di buona qualità. Quando diventano più grandi e guadagnano di più, si orientano verso orologi più costosi, rimanendo però fedeli alla marca che non li ha mai traditi. 3. Maggiore è il volume degli orologi prodotti, più possiamo permetterci il lusso dell’automazione e dell’introduzione di strumenti sempre più sofisticati, che migliorano la qualità del prodotto e ne abbassano il costo. 4. Se si occupa il fondo della gamma con un prodotto forte e prestigiioso, si obbliga la concorrenza a salire più in alto.

La lezione di Hayek

Queste tesi, universalmente accettate da tutte le facoltà d’Economia e di “Busines Administration” nelle Università di tutto il mondo, a quei tempi venivano messe in dubbio e combattute dai cosiddetti "opinion leaders”. Convinti che solo la sommità della gamma potesse avere un avvenire in Europa. Una volta vinta la battaglia di Swatch, la battaglia di Omega “sulla vetta della gamma” è durata praticamente fino al 1985/86, vale a dire fino a quando, assieme ad alcuni amici, non ho acquisito la maggioranza del gruppo e non ho imposto definitivamente la collocazione di Omega così com’è attualmente fissata. Come capo non solo del gruppo, ma anche di Omega, ho dovuto trovare un’équipe di collaboratori in armonia con la mia stessa cultura e col mio credo, al fine di ottenere l’accettazione delle strategie previste e dei loro modi di attuazione, la revisione ed il ringiovanimento dei prodotti. L’eliminazione dei prodotti inutili - come il “placcato in oro” e certi modelli non più rispondenti al rinnovato spirito di Omega. Ed inoltre l’introduzione di nuovi modelli, il miglioramento della qualità, il controllo dei costi, la comunicazione emotiva ed onesta con i diversi miliardi di esseri umani sparsi nel globo, la creazione di un moderno sistema di distribuzione ed assistenza post-vendita. Tutti obiettivi di impossibile realizzazione in un ambiente di incertezza e di disfattismo generale. Obiettivi che siamo fieri d’aver già raggiunti con successo, grazie ad Hand Kurt, Jean-Claude Biver, Bruno Jacober, Aldo Magada, Michele Sofisti, Rainer Paul, Peter Stierli, Pierre-André Affolter ed altri ancora, che hanno affrontato la battaglia in modo esemplare! A partire da questo momento, possiamo agevolente occuparci del miglioramento dei due fattori principali per la buona salute di una marca d’orologeria: l’estetica e la qualità del prodotto. Vale a dire: fare modelli più belli, della massima qualità possibile al prezzo più accettabile, ed una volta che il prodotto è pronto, farlo conoscere ai sei miliardi di abitanti del pianeta con questo messaggio: “Ecco il prodotto – bello, qualitativo, competitivo”. Sono questi i due traguardi che Omega ha regalmente conseguito tra il 1986 ed il 1996, quando la ditta si è subitamente ripresa con una crescita irrefrenabile non solo in termini di pezzi venduti, di cifre d’affari ed utili, ma anche, e soprattutto, in termini di considerazione e di rispetto presso i distributori ed i consumatori. Risultato: il marchio, oggi, è tornato a contare nel novero delle marche svizzere della gamma più prestigiosa. Di tutte le grandi battaglie che ho dovuto affrontare con i miei collaboratori per arrivare all’SMH del 1998 (EM, ETA, Swatch, Swiss Timing, Asulab, investimenti, fusioni etc.) la battaglia per Omega è stata la più lunga e la più difficile, ma anche la più appassionante. Questa vecchia strega abominevole, malvagia, velenosa e disprezzata, l’abbiamo reincarnata in una raggiante principessa, in un’avvenente regina, in una maestosa imperatrice che spande attorno a sé un’aura di commozione e di buoni intendimenti: è così che si presenta ai nostri giorni, ed è cosÎ che la vogliamo vedere in futuro, e non la lasceremo mai scendere da trono. Generazioni future, mi appello a voi per continuare ad accrescere la potenza ed il prestigio di Omega! Sempre e senza soste!”.


Louis Brandt, il capostipite



Nascita di Omega
Non capita sempre che il modo migliore di raccontare una storia sia quello di iniziare dalla fine invece che dal principio. Nel nostro caso crediamo che l’appassionata relazione-esortazione di Nicolas Hayek in occasione del 150mo anniversario della maison tagli la testa al toro: meglio averla posta all’inizio, così sappiamo come interpretare il passato di Omega, sapendo che questo passato non è… passato, ma costituisce, secondo il potente intendimento del condottiero, una solida piattaforma per il futuro. I fatti che precedono la nascita ufficiale di Omega sono l’avvento di Napoleone, prima, e poi la sua caduta. Napoleone impone agli svizzeri l’editto del 1797, che prevede draconiane restrizioni all’artigianato e al commercio di metalli e pietre preziose, rese ancor più rigorose dal blocco navale esercitato dall’Inghilterra su tutta l’Europa. Ma alla caduta di Napoleone i neocastellani, liberatisi dal giogo prussiano ed avvicinatisi alla Confederazione Elvetica, rialzano prepotentemente la testa e danno vita ad una vera e propria rivoluzione industriale. Essi approfittano in pieno dei rovesci subiti dall’orologeria inglese, causati dall’invecchiamento delle loro tecnologie, e dalla concorrenza a basso prezzo proveniente dall’America, e precisamente dal Connecticut. Nel 1848 La Chaux-de-Fonds è un unico laboratorio: all’orologeria è dedicato anche l’ultimo metro quadro disponibile, e la città pullula di orologiai: in quel fatidico anno se ne contano 3574, vale a dire il 43% della popolazione attiva. In tal contesto, sempre in quell’anno, Louis Brandt apre il suo “Comptoir d’établissage” che è all’origine dell’attuale Omega.

La dinastia Brandt
Nato il 13 maggio 1825, Louis Brandt festeggia il suo 23mo compleanno sposandosi con Pauline Mathey dell’Etang, lascia la nativa Brévine per stabilirsi a La Chaux-de-Fonds dove, nel mese di Giugno, si mette in affari, a proprio rischio e pericolo, aprendo il comptoir alla Promenade 51 – “La via più bella del più grande villaggio del mondo” – dice lui. Che cosa sia un “comptoir d’etablissage” noi già lo sappiamo: una forma di organizzazione della produzione e della distribuzione imperante in quei luoghi sin dalla fine del 18mo secolo. Si tratta di un’agenzia in cui il fabbricante-negoziante acquista le casse semilavorate, parti costitutive ed altra chincaglieria dai fornitori specializzati, e poi le passa ad altri laboratori (o ad altri lavoratori a domicilio) per la rifinitura, il montaggio degli scappamenti e delle pietre, il ripasso e il montaggio complessivo, fino alla terminazione completa dell’orologio. È lui che centralizza tutte queste attività. Controlla il grado di manifattura, paga i conti e cerca sbocchi per la vendita della mercanzia così ottenuta. L’inconveniente maggiore di questo tipo di produziione sta nell'incostanza della qualità e nell’irregolarità dei tempi di consegna.


La dinastia Brandt



Nel 1854 nasce Louis-Paul, che nel 1873 si stabilirà per un anno in Germania, e poi frequenterà un biennio di scuola orologiera. Nel 1858 nasce poi César Brandt, che diverrà riparatore. Nel frattempo l’agenzia si è trasferita al n. 59 della “Grande Rue”. Nel 1876 Louis-Paul e César seguono un corso di perfezionamento in Inghilterra. Ma il 1876 è principalmente l’anno dell’Esposizione Universale di Philadelphia che provoca un salutare elettroshock per l’intera Svizzera, che viene a scoprire la potenza, la qualità e la competitività dell’orologeria americana. La superiorità di questa giovane industria è dovuta, innanzitutto, al suo alto grado di meccanizzazione e all’intercambiabilità dei pezzi durante il processo di produzione, con notevole aumento della produttività, facilitazione del montaggio e miglioramento della qualità, il tutto con l’abbassamento dei costi di produzione. Nel 1877 Louis Brandt si ammala e richiama Louis-Paul dall’Inghilterra, ed insieme fondano la società in nome collettivo “Louis Brandt & Fils”. Due anni dopo anche César torna dall’Inghilterra, dedicandosi maggiormente alle vendite, mentre Louis-Paul si occupa della tecnica. Alla morte del padre i due fratelli si associano di nuovo fra loro, mantenendo la ragione “Louis Brandt & Fils”. Resisi indipendenti, i due fratelli decidono di giocare il tutto per tutto, abbandonando il sistema (in definitiva poco soddisfacente) dell’etablissage, e di trasformare la maison in una manifattura basata sul lavoro meccanizzato secondo il sistema Ingold, che tanto successo riportava in USA: La “manifattura” sorta verso la fine di quel secolo era una forma di attività che raggruppava sotto lo stesso tetto tutti i laboratori e tutto il personale necessario alla più razionale produzione di orologi e delle loro parti staccate. Il loro scopo non era quello di ottenere una forte produzione di merce a buon mercato e di facile smercio. Al contrario, essi imboccarono la strada più stretta, quella di utilizzre i nuovi metodi di fabbricazione per ottenere, attraverso una razionalizzazione sempre più spinta, orologi di qualità capaci di dare i migliori risultati di precisione a prezzi più competitivi. Ma a questo punto La Chaux-de-Fonds non parve loro come il luogo ideale per far prosperare una nuova manifattura, per via della penuria di manodopera, la carenza di aree adatte, la difficoltà della fornitura d’energia e l’opposizione della popolazione a questo genere d’impresa. I due giovani si mettono alla ricerca di una località più propizia. Dopo aver visitato numerosi villaggi del Giura Bernese, a metà dicembre del 1879 César giunge a Bienne (o Bienna o Biel, sull’omonimo lago), ove trova i locali adatti alla realizzazione della sospirata manifattura. Il secondo piano della piccola officina Schneider & Perret-Gentil, situata sulla banlieue, al 119 della Route de Beaujean, equipaggiata di una macchina a vapore capace di erogare 60 cavalli di forza motrice idraulica. Iniziate il 18 dicembre, le trattative preliminari filano lisce ed il contratto di locazione viene firmato il 22 dello stesso mese: ebbene, se il librone da cui attingiamo queste informazioni non ci vuole giocare un tiro birbone, nel successivo mese di gennaio 1880, e cioè dopo pochi giorni dalla firma del contratto d’affitto, i fratelli Brandt presentano il loro primo calibro realizzato con procedimento meccanco nella loro nuova fabbrica di Bienne: si tratta di un “remontorio” a buon mercato, vale a dire un orologio da tavolo con dispositivo combinato per la carica e la regolazione dell’ora, con scappamento cilindrico, in boîte d’argento o in metallo. I risultati sono molto convincenti, e questa innovazione ben riuscita darà luogo, poco dopo, a diversi marchi di fabbrica: Jura, Patria, Helvetia, Décimal e, particolarmente, Gurzelen, che conquisterà un immediato successo.

Il calibro Gurzelen (1885) conquista un immediato successo

Nel corso del secondo semestre del 1881 la fabbrica Perret-Gentil viene ingrandita con l’aggiunta di due ali, mentre il personale già ammonta a 250 unità. Ma la crescita della società è frenetica, e nel 1882 i due fratelli sono già alla ricerca di nuovi spazi. Nel 1889 l’impresa conta 600 dipendenti e vanta una produzione annua di 100.000 pezzi: è la maggiore di tutta la Svizzera! La sua notorietà è tale che César Brandt, a soli 31 anni, viene nominato, assieme a Charles-Emile Tissot, membro della delegazione svizzera in seno alla Giuria Internazionale dell’Esposizione Universale di Parigi, sezione orologiera, e per questa ragione le ditte Brandt e Tissot sono dichiarate fuori concorso. Ma il titolo di membro della giuria è ben più invidiato dell’assegnazione di un Grand Prix...

(Foto Bing-Google di dominio pubblico. Click per ingrandire)