venerdì 5 novembre 2010

Aimi Kobayashi: il do diesis di Dio

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Nel primo articolo musicale apparso su questo giornale, attribuivo, e seguito ad attribuire, una singolare omnipotenza pianistica a Valentina Lisitsa, una pianista ukraina di cui non avevo mai sentito parlare. La sua tecnica è eccezionale e la pone ai vertici della classifica mondiale di tutti i tempi. Ma quello che mi aveva maggiormente colpito, più che la tecnica, era la mancanza di ogni forma di sfoggio da parte sua. Certi libri sono scritti benissimo, ma vi si vede, appunto, lo sfoggio della propria bravura letteraria da parte dell’autore. Mentre altri hanno uno stile apparentemente dimesso, ma che ha il pregio di risultare più veritiero. Il De Bello Gallico di Giulio Cesare è scritto volutamente in questo stile humilis, che rende la narrazione, priva di ogni forma di autoincensamento e di vanagloria, straordinariamente realistica. E pensare che viene chiamato cesarismo proprio il palese autoriferimento. Ebbene, di fronte alla Lisitsa è nata una nuova stella, una meraviglia giapponese che, apparentemente, sembra proprio l’opposto di Valentina: piccola invece che gigantesca, una giovanetta di quindici anni, invece che una signora di quarantuno. Quello che le unisce è una tecnica prodigiosa ed una profondità interpretativa che mi lascia senza parole (le troverò, le troverò). La bambina prodigiosa è Aimi Kobayashi, che ha già fatto il giro del mondo come concertista. Il fatto straordinario ed irripetibile è che su YouTube, ed in generale su tutta la rete, la vita pianistica di Aimi è fedelmente registrata a partire dal suo esordio concertistico all’età di anni tre. È quindi possibile vedere questa bambina, sempre nella stessa sala da concerto, prima montare su un seggiolino munito di pantografo per alzarla all’altezza della tastiera, e poi poggiare i piedini su una “cassetta dei congegni”, munita di rimandi, manovelle, molle, cinghiette e differenziali per consentirle di agire sui pedali con i piedini che non ci arrivano. Siccome poi è piccola di natura, questi congegni l’accompagneranno fino ad oltre i dieci anni, rafforzando la sua icona di bimba prodigio.

Aimi è nata il 23 settembre 1995 nella città di Ube, prefettura di Yamaguchi, ed è ivi vissuta fino al 2007, anno in cui si è traferita a Tokyo. Ha cominciato gli studi pianistici a tre anni, ed ha suonato con l’orchestra all’età di sette, e dall’età di otto anni è sotto la guida di Yuko Ninomiya, un’insegnante invero straordinaria come la sua piccola allieva. Ha vinto tre volte (vale a dire ogni volta che ha parttecipato) il premio “Glory Culture Prize” della Prefettura di Yamaguchi. Ha ricevuto l’entusiastico sostegno della AADGT, cioè della American Association for Development of the Giftet and Talented (Associazione Americana per lo Sviluppo dei Dotati e dei Talenti).

Le interpretazioni di Aimi Kobayashi sono impressionanti per la loro “consapevolezza”. Non è tanto il virtuosismo ciò che desta ammirazione, ma è il “rigore”, la perfetta attinenza al testo, la mancanza di orpelli ed abbellimenti. In una parola. la “maturità”. Quella maturità che un bravo musicista costruisce in sé lungo anni ed anni di carriera e che Aimi Kobayashi possiede sin dalla nascita come dono celeste. Sin dalle sue prime esibizioni in pubblico, su un pianoforte da concerto, pur cominciando con brani d’una certa semplicità, le sue interpretazioni sono state sempre “adeguate”, nel senso che “quel” determinato brano neanche Arturo Benedetti Michelangeli l’avrebbe suonato meglio. Ci sono le prove. Prendiamo un pezzo che più che da concerto è da saggio annuale degli insegnanti privati, perché non essendo trascendente come difficoltà, fa  comunque una bellissima figura. Parlo dell’Improvviso op. 90 n. 2 di Schubert. Ho la fortuna di possedere l’esecuzione veramente straordinaria di Dinu Lipatti, il pianista romeno morto troppo prematuramente nel 1950 a soli 33 anni, avendo dimostrato di essere un gioiello di inestimabile caratura. Questo brano lo potete trovare su YouTube, e mi darete ragione se pensate che la sua interpretazione è d’altri tempi, e geni così non se ne incontrano più (questo è quello che pensavo anche io). Questo Improvviso è articolato su due forme musicali: la prima costituita da una serie di fluide sestine da eseguire alla velocità della…luce. Che culminano in un brano cadenzato basato su accordi. Ebbene, Aimi lo esegue alla stessa velocità, ma mentre Lipatti, arrivato agli accordi, li monumentalizza stagliandoli ed indugiandovi sopra con forza un po’ troppo accentuata, Aimi li esegue più agevolmente, contenendoli, domandoli in una perfetta linea melodica. Lipatti merita almeno 9,5, ed Aimi guadagna un bel 10. Aimi aveva 7 anni e le sue spallucce erano quelle di una bambina gracile.





La prova del fuoco è costituita dall’esecuzione della sonata Waldstein (detta anche Aurora) di Beethoven: qui il punto di riferimento assoluto, incontestabile, è rappresentato dall’esecuzione di Walter Gieseking del 1938 (in studio), mentre l’esecuzione di Aimi Kobayashi reperibile su YouTube non è ufficiale, perché avviene nel salone di una casa privata, alcuni giorni prima del suo concerto alla Carnegie Hall di New York. Devo dire che da quando avevo undici o dodici anni, e cioè da quasi settant’anni, ho cercato un’esecuzione di questa sonata che fosse paragonabile a quella di Walter Gieseking, che era posseduta in una serie di dischi da 30 cm a 78 giri, dal nostro più bravo e più ricco della classe, a casa del quale ci radunavamo per ascoltare e riascoltare la Waldstein (che noi chiamavamo Aurora). Ebbene, mentre l’intera nomenclatura del pianismo di questo pianeta è sempre risultata deludente al confronto di Gieseking, Aimi Kobayashi esegue questa sonata, che per esplodere in tutto il suo incomparabile fulgore deve essere tenuta sotto un sovrumano controllo dalla prima all’ultima nota, che dicevo? Ah, che Aimi Kobayashi esegue questa sonata… come Gieseking! Ci sono alcuni errori, non ha ancora la forza per il glissato del Prestissimo, perde alcuni centesimi di secondo nelle rampe ascendenti del Rondò, e di fronte al 10 assoluto di Gieseking arriva comunque ad un 9,6, che dimostra come la piccola principessina non è più il gracile fantolino di quando aveva 7 anni. Adesso ne ha 12. (Prima di chiudere il paragrafo vi dirò che su un parco di almeno venti pianisti da me ascoltati, il terzo classificato è Friedrich Gulda con 8,6. E comunque, con i moderni metodi di registrazione digitale, Aimi e la Lisitsa valgono potenzialmente 11/10).

E veniamo ai nostri giorni, cioè alla Aimi Kobayashi dell’anno 2010. Lei è 15enne, e tutte le tracce di sensualità interpretativa, anticipate nelle sue precedenti esecuzioni, ora assumono le sembianze di una evidente, precoce donnitudine. Da piccola nel suo cervello in via di conformazione si affollavano i feltrini di un pianismo intellettuale oscillante tra le tre corde ed il sordino. Ora interviene il cuore e la marea dell’amore. Ha già suonato tutti i tipi di musica da concerto, ma vediamola in un bis che, prima di adesso, ha già suonato altre tre volte reperibili su YouTube, e quindi chiunque può fare le proprie considerazioni sulle fasi del suo sviluppo. Il brano in questione è un brano facile che, come dico spesso, viene suonato in tutti i saggi annuali degli insegnanti privati. Trattasi del Notturno n. 20 in do diesis minore, opera postuma di Chopin. Difficoltà tecnica: nessuna. Valore musicale: dipende dall’interpretazione. Aimi lo suona con una tale intensità, con un tale rapimento, da creare un vero e proprio turbamento nell’auditorio. Quel do diesis, che nel corso del brano interviene due volte, e si riconosce perché è la nota più alta che viene suonata, è come una freccia scoccata a trafiggerle il grembo e l’apre all’estasi mistica di Santa Teresa d’Avila. Più che un’interpretazione è una vicissitudine, una passione che la isola dal resto del mondo. Come giudicheremmo un Daniel Baremboim, un Alfred Brendel, un Maurizio Pollini che suonassero così? Oltre che impossibile, sarebbe inappropriato. C’è una musica che è fatta solo per donne vere.
Marino Mariani